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Una cena, due ricevute e un segreto inaspettato…



Io e mio marito, Gabriele, eravamo stati invitati alla cena di compleanno di una mia collega, Claudia, in un ristorante elegante del centro.



La serata era stata piacevole, anche se avevamo ordinato poco: due piatti principali e un dolce diviso in due. Niente vino, niente antipasti. Io sono intollerante al lattosio, quindi avevo anche evitato la torta di compleanno.

Il giorno dopo, ricevo un messaggio da Claudia:

“Grazie per esser venuti! Il vostro totale è 175 euro, più la mancia 😊”

Sono rimasta spiazzata. Ho risposto con calma:

“Scusa, ma non sapevo si dividessero i conti in modo equo. Noi non abbiamo preso vino né antipasti, e io non ho nemmeno assaggiato la torta.”

Lei ha replicato:

“Sì, abbiamo fatto alla romana perché abbiamo condiviso tutto: vino, stuzzichini, dolce…”

Solo che noi non avevamo condiviso nulla.

Quella sera, a casa, ho chiesto a Gabriele mentre guardava distratto un documentario:

“Ti sembra giusto pagare quasi 200 euro per cose che non abbiamo nemmeno mangiato?”

Lui ha alzato le spalle. “Una sera ogni tanto… non farne un dramma.”

Non era la risposta in sé. Era la leggerezza con cui aveva liquidato tutto. Erano mesi che ci dicevamo di risparmiare. Io avevo smesso di andare dalla parrucchiera, lui aveva insistito per annullare il weekend da mia cugina a Palermo. Ma ora 200 euro sembravano non pesargli per nulla.

La mattina dopo, mentre lui faceva la doccia, ho aperto il suo portafoglio per prendere qualche contante per il caffè. Ed è lì che ho visto i due scontrini.

Entrambi del ristorante della sera prima. Uno da 178 euro, l’altro da 362.

Entrambi firmati da lui.

Ho sentito un gelo dentro. Perché aveva pagato due volte?

La sera, ho aspettato il momento giusto e gli ho chiesto:

“Ma hai pagato tu il conto prima che Claudia ci scrivesse?”

Lui ha fatto finta di pensarci. “No, perché?”

“Perché ho trovato due ricevute. Una da quasi 180 euro… e una da 360. Entrambe tue.”

Un istante. Solo un secondo. La sua espressione si è irrigidita, ma poi ha ripreso il controllo.

“Ah… sì. Ho pagato per un amico. Aveva dimenticato il portafoglio. Poi mi ridà tutto.”

“Chi?”

Tommaso. Mi ha detto che mi fa un bonifico domani.”

Strano. Tommaso ha appena comprato un Rolex e una barca. Difficile che dimentichi il portafoglio.

Non ho detto nulla. Ma qualcosa dentro di me si era attivato.

Quella notte, dal letto, ho scritto a Tommaso su WhatsApp.

“Ehi! Gabriele mi ha detto che ti ha pagato la cena, sei riuscito a ridarglieli?”

La risposta è arrivata subito.

“Pagare cosa? Ma se ho pagato per conto mio!”

Il cuore mi è andato in gola.

La mattina seguente, sono arrivata prima al lavoro. Ho aperto il nostro conto online. Poi la sua carta di credito. Poi Venmo.

E lì ho visto tutto.

Pranzi. Uber. Giornate alla spa. Sempre lo stesso nome accanto:

“Per Giulia”, “Cena con Giulia”, “Regalo per G.”

Giulia.

Non la conoscevo. Non ne avevo mai sentito parlare. Ho cercato. Instagram. Facebook.

Giulia D’Amato. Ventisette anni. Organizzatrice di eventi. Bellissima. Il suo profilo aveva una foto da un rooftop… lo stesso ristorante della cena. C’era anche in una storia pubblica di un altro invitato.

Era lì. Con lui.

Il secondo scontrino non era per Tommaso.

Quella sera ho preparato la cena come sempre. Gabriele ha chiacchierato del lavoro, come se nulla fosse. Io l’ho guardato con una calma glaciale. Poi, mentre stava finendo il secondo, gli ho chiesto:

“Chi è Giulia?”

Si è fermato. Il cucchiaio sospeso a mezz’aria. Nessuna risposta.

Mi sono alzata, ho preso i due scontrini, li ho posati sul tavolo.

“Lo so. Tutto.

Ha abbassato lo sguardo. “Non è niente di serio.”

Ho sorriso.

“Nemmeno questo matrimonio lo è più.”

Non ci sono state urla. Né piatti rotti. Solo silenzio. Quella notte sono andata da mia sorella. Due mesi dopo, abbiamo firmato il divorzio.

Sai cos’è la cosa più assurda?

Non è per Giulia.

È per la bugia. Per gli anni passati a fare sacrifici insieme. A dire “no” alle vacanze. A contare i centesimi. Io pensavo che fossimo una squadra. Invece io pagavo anche la sua seconda vita.

Ora ho imparato che certe cose non fanno rumore. Non esplodono. Vibrano piano. Ti avvertono.

E quella cena da 175 euro?

Era solo la porta d’ingresso all’inferno nascosto dietro una carta di credito.



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