​​


Una perizia rivela che la morte di Clelia Ditano, precipitata nel vano ascensore a Fasano, è stata causata da una manomissione esterna che ha disattivato i sistemi di sicurezza



La tragica vicenda che ha coinvolto Clelia Ditano, una giovane di soli 25 anni, continua a scuotere la comunità di Fasano. La notte del 1° luglio 2024, la ragazza è precipitata per dieci metri nel vano ascensore del suo palazzo, perdendo la vita. A distanza di un anno dall’incidente, una consulenza tecnica disposta dalla pm di Brindisi, Livia Orlando, ha portato alla luce nuovi dettagli inquietanti: il sistema di sicurezza dell’ascensore non si sarebbe guastato spontaneamente, ma sarebbe stato manomesso da un intervento esterno, meccanico o elettrico.



Secondo quanto emerso dalle indagini, l’impianto era tecnicamente funzionante, ma la manomissione avrebbe provocato un grave malfunzionamento, permettendo l’apertura delle porte dei piani anche in assenza della cabina. Clelia, ignara del pericolo, ha aperto una porta ed è precipitata nel vuoto. La scoperta ha aggiunto ulteriore dolore e indignazione alla sofferenza della famiglia, che ora si chiede se questa tragedia potesse essere evitata.

Le indagini si concentrano su quattro persone ritenute responsabili della morte della giovane: l’amministratore del condominio, il responsabile tecnico dell’impianto, un dipendente e il rappresentante legale della ditta incaricata della manutenzione. Per l’amministratore e il tecnico, considerati i principali responsabili, il giudice per le indagini preliminari, Stefania De Angelis, ha disposto una misura interdittiva di un anno. Durante questo periodo, non potranno svolgere attività professionali o imprenditoriali nel settore.

Secondo gli atti dell’inchiesta, i due avrebbero ignorato le segnalazioni di malfunzionamento dell’impianto e omesso di effettuare le riparazioni necessarie. Nonostante le evidenti problematiche tecniche, non sarebbe stata disposta l’inibizione dell’uso dell’ascensore. La gip ha descritto il loro comportamento come caratterizzato da “grave negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle normative di sicurezza”.

Le indagini hanno inoltre evidenziato gravi irregolarità nella documentazione relativa alla manutenzione dell’ascensore. Le schede tecniche risultano spesso incomplete o contraddittorie: in alcuni casi non sono state firmate dall’amministratore del condominio, mentre in altri è stato lo stesso operaio a controfirmare i documenti al posto del cliente. Gli ultimi verbali di manutenzione, datati settembre 2023 e marzo 2024, segnalavano la presenza di fili rotti ma dichiaravano comunque l’impianto “funzionante e sicuro”. Per la gip De Angelis, si tratta di una “evidente superficialità” che ha contribuito a rendere possibile la tragedia.

Il responsabile tecnico della ditta non avrebbe mai eseguito i controlli obbligatori previsti dalla normativa, mentre la documentazione prodotta dal dipendente incaricato risulta spesso incompleta e non dimostra interventi risolutivi. Questi elementi hanno aggravato ulteriormente il quadro delle responsabilità.

La famiglia di Clelia Ditano continua a vivere nell’incubo di una perdita che poteva essere evitata. La giovane aveva tutta la vita davanti a sé e la sua morte ha lasciato un vuoto incolmabile. Le indagini proseguono per stabilire con precisione le responsabilità dei quattro indagati e chiarire ogni aspetto legato alla manomissione dell’impianto.

La vicenda solleva interrogativi più ampi sulla sicurezza degli ascensori e sulla gestione delle manutenzioni da parte delle ditte incaricate. La superficialità e le irregolarità emerse in questo caso specifico mettono in evidenza la necessità di maggiore attenzione e trasparenza nel settore. Per garantire la sicurezza degli utenti, è fondamentale che ogni impianto venga controllato e mantenuto secondo le normative vigenti.



Add comment