Il tragico ritrovamento di Vittorio Buccioli, 58 anni, ha messo fine a otto giorni di angoscia per la sua famiglia. L’uomo, originario del Ravennate, era scomparso il 21 luglio dopo aver trascorso la serata a Marina Romea. Il suo corpo è stato rinvenuto il 29 luglio in un fosso lungo la strada che percorreva abitualmente per tornare a casa.
A scoprire il luogo del decesso è stato il figlio Erik Buccioli, che ha utilizzato il GPS collegato alla moto del padre. “Mi sono messo a cercare da solo. Sapevo che la moto aveva un AirTag associato al telefono di mio padre, ma per accedervi serviva la password dell’ID Apple. Ho chiesto aiuto a un amico esperto nel settore”, ha raccontato Erik in un’intervista a Il Resto del Carlino. Nonostante l’indagine ufficiale fosse in corso, il giovane ha deciso di agire autonomamente, ottenendo in una settimana i dati necessari per localizzare il dispositivo.
Secondo quanto riferito dal figlio, i Carabinieri avevano inizialmente ipotizzato un allontanamento volontario, rallentando così le operazioni di ricerca. “Io continuavo a ripetere che era impossibile. Mio padre era una persona stabile, con una vita normale, legato alla famiglia. Ho insistito: ‘Lui ha avuto un incidente, dovete cercarlo’. Ma non mi hanno ascoltato”, ha dichiarato Erik.
Il corpo di Vittorio Buccioli è stato trovato a meno di un chilometro dalla sua abitazione, in via delle Maone, tra l’erba alta. “Era il percorso che faceva sempre, passando dal ponte mobile, via Baiona e via delle Maone. Lì i soccorsi non avevano mai cercato a piedi, solo in auto”, ha spiegato il giovane. Le autorità avevano invece concentrato le ricerche su un altro possibile tragitto lungo la Romea.
Le operazioni ufficiali per trovare Buccioli sono iniziate solo il 23 luglio, due giorni dopo la denuncia di scomparsa effettuata dai familiari. Tuttavia, già il giorno precedente erano intervenuti i volontari dell’associazione Penelope, che hanno contribuito significativamente alle ricerche. “Li ringrazio di cuore. Hanno attivato squadre e mandato cani da ricerca prima delle istituzioni. Questo per me è inspiegabile”, ha aggiunto Erik.
La vicenda solleva interrogativi sui tempi e sulle modalità di intervento delle autorità competenti. Il figlio sottolinea che l’utilizzo del GPS della moto avrebbe potuto accelerare le indagini fin dall’inizio: “Alle 11.29 ho ricevuto la password, alle 11.31 ho trovato mio padre: due minuti dopo”.
Vittorio Buccioli, descritto dal figlio come una persona buona e generosa, era appassionato di moto, pesca e fai da te. “Pensava al futuro, a cosa avrebbe fatto da ottantenne”, ha ricordato Erik con commozione.
La tragedia evidenzia l’importanza delle tecnologie moderne nelle operazioni di ricerca e solleva dubbi sulle procedure adottate dalle istituzioni in casi di scomparsa. La famiglia di Buccioli ora si trova ad affrontare il dolore della perdita e spera che questa vicenda possa portare a una riflessione più ampia sulla gestione delle emergenze simili.
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