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Operai sardi in protesta da dieci giorni, ma i Tg tacciono: colpa delle sanzioni alla Russia? A pensar male…



Da oltre una settimana, un gruppo di operai sta manifestando su un silo di 40 metri. Questi operai sono impiegati presso Eurallumina, un’industria siderurgica situata a Portovesme, in Sardegna, di proprietà della società russa UC Rusal, soggetta a sanzioni economiche da parte dell’Unione Europea. Di conseguenza, si prevede che la loro retribuzione verrà sospesa a breve.



Da dieci giorni, cinque operai stanno protestando ininterrottamente, giorno e notte, su un silo di 40 metri all’interno di un importante stabilimento industriale. Eurallumina, un’industria siderurgica situata a Portovesme, in provincia di Sulcis Iglesiente, nel sudovest della Sardegna, non produce più da diversi anni. Tuttavia, la fabbrica non è completamente inattiva, poiché impiega decine di persone per mantenere operativi gli impianti e un sistema idraulico, al fine di prevenire l’inquinamento ambientale.

La storia di questa fabbrica è piuttosto complessa, ma la questione più urgente attualmente riguarda la sua proprietà. UC Rusal, una delle principali società produttrici di alluminio a livello globale, è stata coinvolta in questa situazione. Nel 2023, il patrimonio di Eurallumina è stato congelato in quanto ritenuto riconducibile a Oleg Deripaska, un influente oligarca russo inserito nell’elenco delle persone soggette a sanzioni economiche da parte dell’Unione Europea in seguito all’invasione dell’Ucraina nel 2022.

I dipendenti e i sindacati sostengono che Rusal abbia continuato a coprire le spese ordinarie di Eurallumina, tra cui i costi di gestione degli impianti e i salari dei dipendenti, che sono in cassa integrazione da diversi anni. A settembre, Rusal ha annunciato l’intenzione di interrompere tale copertura a partire dal 31 dicembre, a causa dell’imminente esaurimento delle risorse finanziarie di Eurallumina. Di conseguenza, i lavoratori hanno richiesto l’intervento del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, esprimendo preoccupazione per una possibile chiusura definitiva dello stabilimento.  Non essendo stata ancora individuata una soluzione, ciò ha determinato l’avvio della protesta.

Per una comprensione più approfondita della situazione, è necessario un breve excursus storico. Eurallumina, fino a circa quindici anni fa, era impegnata nella lavorazione della bauxite, una roccia sedimentaria, per la produzione di allumina, un prodotto intermedio utilizzato nella produzione di alluminio.  Lo stabilimento, con una superficie di quasi un chilometro quadrato, si trova in una zona della Sardegna prevalentemente industriale. Dal 2001, Eurallumina rientra nel perimetro del sito di interesse nazionale (SIN) Sulcis Iglesiente Guspinese. I SIN sono aree inquinate, identificate dallo Stato in base alla pericolosità degli inquinanti e al rischio sanitario ed ecologico derivante dal loro impatto sull’ambiente. Nell’area di Eurallumina, che comprende anche il comune di Portoscuso e l’intera zona industriale circostante, è stata accertata una contaminazione del suolo e delle acque sotterranee, prevalentemente da metalli pesanti, che necessita di bonifica.

Nel 2009, a seguito dell’acquisizione dell’azienda da parte di Rusal avvenuta due anni prima, la produzione è stata interrotta a causa della crisi economica e dell’elevato costo del combustibile utilizzato per alimentare gli impianti.  Secondo i dati forniti dal sindacato FILCTEM CGIL della Sardegna sudoccidentale, all’epoca lo stabilimento impiegava circa 450 dipendenti.  Numerosi lavoratori sono stati collocati in cassa integrazione, mentre il personale rimasto in servizio si è dedicato alla manutenzione degli impianti e al mantenimento operativo della barriera idraulica, un sistema di pompaggio delle acque sotterranee volto a prevenire la contaminazione della falda acquifera. Attualmente, vengono pompati circa 50 metri cubi di acqua al giorno, con un organico ridotto a circa 40 dipendenti (oltre 100 sono in cassa integrazione).

Di fatto, da sedici anni lo stabilimento non svolge più la funzione originaria, sostenendo esclusivamente i costi relativi ai dipendenti in cassa integrazione e alle misure di prevenzione di potenziali disastri ambientali.

Parallelamente alle vicende giuridiche, sono stati intrapresi sforzi per riavviare la produzione. Tra le opzioni valutate, si è considerata l’implementazione di un sistema alimentato a carbone, in considerazione della presenza di due centrali a carbone nel Sulcis, tra le ultime in Italia. Tuttavia, nel 2022, in linea con il processo di decarbonizzazione delle industrie pesanti italiane, Rusal ha presentato un piano di investimento di 300 milioni di euro per la ristrutturazione degli impianti, al fine di consentire l’alimentazione a gas.  L’assenza di infrastrutture per la fornitura di metano rappresenta una delle problematiche centrali del dibattito in Sardegna riguardante le fonti energetiche.

Ad aprile di quest’anno, i ministeri competenti e la Regione Sardegna hanno raggiunto un accordo, formalizzato mediante la firma di un decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri il 10 settembre scorso.  Per quanto concerne il Sulcis, il progetto prevede l’approvvigionamento di metano tramite una nave-rigassificatore posizionata a Oristano, sulla costa occidentale della regione, e la successiva distribuzione nel Sulcis attraverso reti appositamente realizzate.  Tale processo si trova attualmente in una fase preliminare. La firma del decreto è stata accolta con favore dai lavoratori dell’Eurallumina e dai sindacati, in quanto fornisce una base concreta per lo sviluppo del progetto di rilancio del sito proposto da Rusal.  Tale progetto, tuttavia, non può essere avviato in questo momento a causa del congelamento del patrimonio aziendale.

I sindacati e i lavoratori hanno richiesto al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), al Ministero dell’Economia e delle Finanze e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri lo stanziamento dei fondi necessari per garantire la continuità operativa di Eurallumina dopo la cessazione dei pagamenti da parte di Rusal relativi a utenze, salari e funzionamento della barriera idraulica.  Il Ministro del MIMIT, Adolfo Urso, ha convocato un incontro per il 10 dicembre per discutere della situazione, ma sindacati e lavoratori nutrono preoccupazioni circa la sua efficacia risolutiva. A metà settembre, il Ministro Urso aveva espresso la speranza di una rapida conclusione del congelamento del patrimonio aziendale e aveva comunicato che il Consiglio per la Stabilità Finanziaria (CSF) stava valutando la questione.  Nel pomeriggio di venerdì, la Ministra del Lavoro, Marina Calderone, si recherà presso la fabbrica per incontrare i lavoratori in presidio.

Le attività in corso sono a carico di Eurallumina, e quindi di Rusal. Emanuele Madeddu, Segretario della FILCTEM CGIL della Sardegna sudoccidentale, ha dichiarato che, nell’arco di 16 anni, l’azienda ha sostenuto spese superiori a 300 milioni di euro per la sola gestione ordinaria.  Attualmente, il fabbisogno finanziario dell’azienda si aggira intorno ai 2-2,5 milioni di euro mensili.

Il meccanismo attraverso il quale un’azienda con il patrimonio soggetto a congelamento per sanzioni possa continuare a sostenere le spese ordinarie è complesso e non del tutto chiaro nel caso di Eurallumina. Nei comunicati stampa dei sindacati si fa riferimento a una «disponibilità finanziaria residua» di Eurallumina, finora utilizzata. Il regolamento europeo in materia di sanzioni per l’Ucraina prevede che le autorità competenti degli Stati membri possano autorizzare l’utilizzo di fondi congelati a determinate condizioni e per specifici scopi ben definiti, tra cui il pagamento delle spese ordinarie per la gestione di un bene. Non è chiaro se l’Italia abbia fatto ricorso a tale deroga, e, in caso affermativo, in che modalità.

Il 23 luglio 2023, l’Agenzia del Demanio, ente pubblico responsabile della gestione del patrimonio immobiliare dello Stato, ha informato il Presidente della Regione Sardegna di allora, Christian Solinas, del congelamento del patrimonio di Eurallumina a seguito delle sanzioni imposte a Deripaska. Nella comunicazione, riportata dal Post, l’Agenzia del Demanio ha spiegato che il provvedimento era stato disposto dal Comitato di sicurezza finanziaria (Csf) del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che, tra le altre competenze, si occupa dell’attuazione in Italia delle direttive europee in materia di sanzioni. Il Demanio ha inoltre precisato che, da quel momento, la custodia, l’amministrazione e la gestione dello stabilimento industriale erano state affidate direttamente al Demanio stesso.

Non è chiaro come sia stata successivamente coinvolta Rusal. Il Post ha richiesto un chiarimento in merito al Ministero dell’Economia. Secondo Madeddu, nella pratica, Rusal presentava mensilmente una richiesta al Demanio, indicando l’importo esatto da autorizzare per il pagamento delle spese del mese. Tale richiesta veniva quindi sottoposta al Csf per i necessari controlli e, successivamente, autorizzata.



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