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Mi sono rifiutata di andare al matrimonio di mio figlio — e ho passato la giornata con la sua ex moglie



Mio figlio, a venticinque anni, aveva sposato una dolce ragazza di ventitré, Tina.
All’inizio sembravano perfetti: giovani, pieni di speranza, costruivano insieme una piccola vita. Quando nacque il loro bambino — un bimbo dagli occhi vivaci e luminosi — pensai che il loro amore sarebbe solo cresciuto.



Ma poi cominciarono a comparire le crepe.

Pian piano, quasi per caso, Tina iniziò a parlare dei tradimenti di mio figlio.
All’inizio credetti si trattasse di un malinteso, o forse di un’esagerazione.
Ma più ne parlava, più la verità diventava chiara: mio figlio l’aveva tradita.
Non una volta, ma più volte. E aveva le prove.

Sentii il viso bruciarmi di vergogna.
Non era così che l’avevamo cresciuto.
Andai da Tina, le chiesi scusa e le dissi sinceramente:
«Se un giorno deciderai di lasciarlo, io sarò dalla tua parte. Meriti di meglio.»

Ma Tina, dolce fino all’eccesso, lo perdonò.
Ancora e ancora.
Non riuscivo a capire come facesse. Forse lo amava troppo.
O forse sperava che per il bene del loro bambino lui cambiasse.

Poi, qualche mese dopo, ricevetti una telefonata.
Era mio figlio — calmo, quasi allegro.
Mi disse che stava chiedendo il divorzio. Aveva trovato “qualcuno di più adatto”.
Tina rimase sola, con un bimbo di un anno, in una stanza in affitto, lavorando ogni ora possibile per sopravvivere.

Non ero pronta a ciò che venne dopo.
Mio figlio chiamò di nuovo.
Voleva invitarci al suo matrimonio.

Gli chiesi perché avesse tradito Tina.
Rise.

«Tina è brava,» disse con leggerezza, «ma io merito di meglio.»

Quelle parole — la sua freddezza, la sua arroganza — mi spezzarono dentro.
Chiusi la chiamata senza aggiungere altro.

Il giorno del suo matrimonio, mio marito ed io salimmo in macchina.
Ma non andammo alla cerimonia.
Andammo da Tina.

Lei aprì la porta tenendo in braccio il bambino che piangeva.
Il viso pallido, segnato dalla stanchezza.
La stanza era piccola, spoglia, silenziosa, tranne per il pianto del piccolo.

Mi rimboccai le maniche.
L’aiutai a sistemare, cullai il bambino finché non si addormentò, le preparai una tazza di tè.
Avevo portato biscotti e una torta — piccoli gesti, ma sinceri.

Quando mio figlio chiamò, furioso, chiedendo dove fossimo, gli risposi con calma:
«Sono a casa della tua ex moglie. Sei stato un marito terribile, e mi vergogno di te.»

Riattaccò. Da allora non ci parliamo più.

A volte mi chiedo se ho esagerato.
Ma poi guardo Tina — stanca, ferita, ma ancora in piedi, ancora madre —
e penso che forse… non ho reagito abbastanza.



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