Reddito di cittadinanza, obbligo di lavoro ma solo se lo stipendio supera gli 858 euro



Obbligo di prendere il lavoro, ma ad alcune condizioni, se viene pagato più di 858 euro al mese, divieto per lo Stato di verificare il dettaglio delle singole spese fatte con la Carta: sono alcune delle novità in arrivo su reddito di cittadinanza e pensioni dai 9 emendamenti preparati dal governo durante l’esame del decreto da parte della commissione Lavoro del Senato e in attesa dell’esame in Aula.



I titolari del reddito di cittadinanza dovranno accettare un’offerta di lavoro, ma solo se il salario sarà di almeno 858 euro al mese, vale a dire 78 euro in più della somma massima prevista dal sussidio. Lo prevede uno degli emendamenti dei 5S al decretone. L’offerta di lavoro viene considerata congrua se la retribuzione è «superiore di almeno il 10% del beneficio massimo fruibile da un solo individuo, inclusivo della componente a integrazione del reddito dei nuclei residenti in abitazioni in locazione».

Il beneficio massimo per un singolo è di 780 euro, 500 a integrazione del reddito e 280 per l’affitto. Inoltre lo Stato potrà monitorare «i soli importi complessivamente spesi e prelevati» dalla Carta per il reddito di cittadinanza. La norma recepisce le obiezioni del Garante della privacy, che dovrà essere sentito dal ministero per la scrittura del decreto che disciplinerà il monitoraggio. La versione attuale del testo prevede invece che lo Stato possa verificare il dettaglio delle singole spese fatte con la Carta. Per quel che riguarda invece “Quota 100”, sale a 45mila euro l’anticipo del Tfr agli statali. L’emendamento alza la soglia da 30mila a 45mila euro, per i trattamenti che non siano di importo inferiore. La modifica, approvata su proposta della Lega, prevede che la quota superiore ai 30mila euro possa essere chiesta anche da chi abbia già presentato la domanda di finanziamento. L’avranno «subito, quando lasceranno il servizio», assicura la ministra per la Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno.

È poi prevista la possibilità di saldare in 10 anni, con 120 rate mensili, l’adesione alla «pace contributiva», il doppio di quanto prevede ora il testo. Nella relazione che accompagna l’emendamento si stimano 2900 domande di «pace contributiva» da lavoratori dipendenti e 600 dagli autonomi, con stipendio medio di 31.500 e 20mila euro. La pensione anticipata con quota 100 rischia di svuotare gli uffici giudiziari: per ciò il governo ha preparato un emendamento che stabilisce altre assunzioni in deroga, oltre a quelle già previste con la manovra, almeno per 1.300 amministrativi, già a partire da metà luglio, nonostante il blocco delle assunzioni nella Pubblica amministrazione fino a novembre previsto con la legge di Bilancio. Il buco di organico in 3 anni, si legge nella relazione è di 20mila posti tra uscite già previste e le nuove con quota 100.



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