Flavio Briatore confessione scioccante: “Ho fatto le lastre e la TAC dalla quale si è vista un’ombra”



Flavio Briatore ha deciso di tornare a parlare di un tema delicato come quello del Codiv-19 puntando il dito contro coloro che in queste settimane hanno diramato molte informazioni, a volte anche sbagliate? Ecco qual è l’opinione dell’imprenditore sui virologi.



“Avevo contratto il Coronavirus”

In un momento delicato come quello che sta attraversando il mondo a causa del Coronavirus, ecco che Flavio Briatore rappresenta quasi una voce fuori dal coro. L’imprenditore apparterebbe a quella scia di mosche bianche che avrebbero contratto il virus senza nemmeno sapere cosa fossa.

La confessione scioccante dell’ex marito di Elisabetta Gregoraci arriva durante la messa in onda del programma L’aria che tira su La7 dove ha dichiarato: “Sono stato malissimo per dieci giorni con febbre altissima, male ai polmoni, facevo fatica a respirare. Ho fatto le lastre e la TAC dalla quale si è vista un’ombra. Poi è esploso questo virus e il mio medico mi ha detto che vedendo i risultati degli esami, avevo contratto il coronavirus”.

Flavio Briatore contro i virologi

Flavio Briatore, dunque, ha dato voce a quello che in parte è un pensiero comune per molte persone che si chiedono se davvero tutti, compresa l’Organizzazione Mondiale della Sanità, abbiano sottovalutato il pericolo che stava per imbattersi sul pianeta. Sulla sua esperienza, conclusasi bene, ecco che afferma: “Non capivamo cosa stesse succedendo A Milano hanno visto un’ombra nella Tac e con il senno di poi, visti i risultati degli esami, il mio medico ha detto che avevo avuto il Coronavirus. Ero stato in giro, anche Dubai e in Bahrain, in quel periodo ero stato un po’ dappertutto”.

Il tutto però non finisce mica qui, dato che Flavio Briatore decide di usare un social molto comune tra i giovani come appunto Tik Tok per esprimere di nuovo la sua opinione in merito al Codiv-19 e il lavoro che i virologi stanno facendo in questo periodo.

L’effetto popolarità dei virologi

Inutile negare come la figura dei virologi improvvisamente abbia ottenuto un’importante impennata nella loro popolarità. Si tratta di una figura medica sempre presente, ma che spesso è stata messa in secondo piano anche se adesso è in prima linea contro il Codiv-19.

Non a caso, ecco che anche Flavio Briatore punta su questo strano aspetto e lo commenta con un video pubblicato su Tik Tok: “Da quando è iniziata questa pandemia sono dappertutto. Prima non sapevamo nemmeno l’esistenza dei virologi. Qui parliamo di salute, ma ognuno dice la sua, uno contro l’altro. Ma è possibile che non ci sia una voce unica?”.

Un dubbio ci assale. Tentiamo subito di scioglierlo. A quale Briatore stiamo parlando? A quello concentrato sul paddock che controlla le performance dei “suoi” talenti, Alonso e Fisichella, o a quello sorridente tra i tanti vip che fanno la spola tra Forte dei Marmi e la Costa Smeralda? AllʼAmministratore Delegato impegnato in una riunione con i suoi collaboratori al centro tecnico della Renault F1 a Londra (un gioiello di tecnologia animato da 500 superspecialisti) o al Briatore testimonial e ideatore del lusso del lusso, da orologi e altri oggetti esclusivi fino allʼalta sartoria dei maestri del Made in Italy più conosciuto al mondo? Come tanti Diogene-indagatori procediamo aiutati dalla luce traballante delle lanterne appese qua e là tra gli splendidi arredi del Billionaire e da quella artificiale dei monitor ai box in fibrillazione per i successi di un team sempre più vincente. Ci dia qualche certezza sul vero Briatore. “Un appassionato del proprio lavoro, uno a cui piace stare sempre sul campo, curare i dettagli, privilegiare il confronto con il team, dare fiducia alle persone e delegare molto: tutto questo indipendentemente dal tipo di occupazione che sto svolgendo”. Quindi, Briatore non sdoppia il manager dal principe della mondanità, ed è proprio vero che l’uno porta valore all’altro, e viceversa? “La mondanità è parte integrante del mio mondo e non sottrae nulla al mio impegno al fianco di piloti, tecnici, ingegneri e collaboratori che lavorano sodo, gara dopo gara, giorno e notte, per vincere. Sempre. Anzi: la mondanità è più ʻpesanteʼ di quanto si creda. Alimenta nuovi business, nuovi posti di lavoro, e nuove sfide”. Come Billionaire. “Billionaire è un qualcosa di più e di diverso che una semplice discoteca: è un marchio di successo, uno stile di vita e una iniziativa imprenditoriale di primissimo livello destinata a crescere nel tempo”. Per raggiungere queste “bandiere a scacchi” conta di più una strategia aggressiva, una dose massiccia di marketing o un po’ d’istinto? “Tutte e tre le cose, anche se, in particolare, in ogni attività conta molto lʼistinto. E la fortuna di fare gli incontri giusti: per quello che mi riguarda mi riferisco a Luciano Benetton e Bernie Ecclestone” che rischiava di chiudersi in se stesso e diventare autoreferenziale. Eravamo additati come quelli delle magliette, una sorta di parvenue tra superesperti e manager navigati. Poi con poco budget e molto lavoro abbiamo vinto corse, titoli e una scommessa chiamata Schumacher”. Una scommessa divenuta leggenda e rinnovata a distanza di dieci anni con Fisichella e soprattutto Alonso. “Ma anche Jarno Trulli e Mark Webber. Mi piace occuparmi di talenti. Tutti manager e coloro che hanno responsabilità di vertice in ogni azienda dovrebbero farlo. E non mi riferisco solo ai talenti che corrono, ma a tutto il team, ingegneri e meccanici compresi: la Formula Uno è il gioco di squadra per eccellenza, si vince tutti insieme. Per questo motivo giro sempre tra gli uomini del mio team, mi confronto continuamente, sono uno da open door per tutti”. Quasi come Napoleone che girava discretamente di notte tra gli accampamenti per testare gli umori della truppa e capire i punti di forza e di debolezza dei suoi uomini. “Ma senza presunzione o preconcetti di sorta. Ogni giorno portiamo avanti un progetto con la velocità della luce. I miei collaboratori mi dicono che corro più veloce di loro. Ma spesso, se necessario, faccio anche delle deviazioni”. Mai delle retromarce. “Beh, in Formula Uno non è consentito”. E Billionaire è una felice deviazione? Sarà questo il futuro di Briatore lontano dalle corse? “Quando abbandonerò la Formula Uno non guarderò più nemmeno una gara. Staccherò la spina per sempre. Sono fatto così. Ma quel momento ancora non è giunto. Nel frattempo il mondo Billionaire cresce anche grazie alle collaborazioni con persone come Angelo Galasso, Matteo Cambi, tra gli artefici del più internazionale dei Made in Italy”. Talent scout e icona della mondanità, manager di successo e principe del jet set internazionale, un italiano a capo di una multinazionale franco-inglese e lʼemblema mediterraneo del dandismo più anglosassone possibile. Può il Briatore del gossip andare dʼaccordo con il Briatore economically correct, e viceversa? Comʼè possibile equilibrare due mondi così distanti rimanendo sempre se stessi? Possibile: parola del “cento per cento” Briatore. Fermatevi al pit stop e rileggetevi lʼintervista se ancora non vi è chiara la risposta.

Flavio Briatore, 70 anni, direttore di squadra vincente della Formula uno con la Benetton e la Renault, piace il «politicamente scorretto» di Donald John Trump, 72 anni, del quale è amico da molto tempo. «C’è bisogno che qualcuno decida e si assuma le responsabilità», sibila e Trump, candidato alla presidenziali degli Stati Uniti, non è tipo da tirarsi indietro. Ma anche il giovane Matteo Renzi, clintoniano dichiarato, non gli dispiace con quel suo piglio assertivo e decisionista. «Ho parlato con Matteo», butta lì. E’ assurdo e insostenibile che ci vogliano 10 anni solo per decidere se fare o no un porto turistico, come è capitato a Otranto. Così andiamo solo a sbattere sul muro gommoso dell’inconclu – denza. Nel turismo il politicamente scorretto è l’extra lusso, soprattutto quando la tradizione rema in senso contrario. La pressione è la seconda casa ovunque sia possibile, mare o campagna. «Anche i poveri hanno diritto alla seconda casa, pure se abusiva», dice un sig n o re. «Nel turismo, voi del Salento siete indietro di 30 anni». E’ la prima sciabolata, di fronte a una platea di imprenditori, numerosi giovani, figli d’arte e di buona famiglia, dai De Santis, Roberto e Mimmo, agli Sticchi. Molti annuiscono, nella sala della fortezza aragonese di Otranto dove si svolge un dibattito organizzato dall’associazione «Prospettive a Mezzogiorno». Dove volete andare con i vostri alberghetti e le vostre pensioncine a due e tre stelle? Briatore scuote la platea. L’assessore regionale Loredana Capone, che muove le leve dello sviluppo economico, incluso il turismo, e della cultura, sobbalza sulla sedia pensando ai successi degli ultimi anni. Sobbalzano anche il sindaco di Lecce, Paolo Perrone, e il sindaco di Otranto, Luciano Cariddi. Ma il manager-imprenditore, inventore del marchio Bilionaire Lifestyle, non molla la presa. Gira e rigira tra le mani un foglietto con i numeri del turismo in Italia e quelli della Francia e della Spagna, i nostri competitori più diretti. Ne usciamo con le ossa rotte. Noi delle regioni del Mezzogiorno, poi, siamo in coda, con una capacità attrattiva irrisoria. L’intero Sud non riesce a fare le cifre neanche della Baleari. Nella spesa, nei pernottamenti, nei voli aerei. Nella classifica dei porti turistici, poi, non c’è storia. L’Italia, con il doppio di chilometri di costa rispetto ai cugini francesi, ha metà approdi e spesso poco organizzati. «Così i turisti ricchi con gli yatch, gente capace di spendere 25mila euro al giorno, girano al largo e proseguono». Nel Salento, per il momento, si confrontano due modelli di turismo, in parte contiguo: il turismo a basso costo, poche centinaia di euro da spendere a settimana, case in affitto, b&b a ogni angolo, discoteche notturne sulla sabbia, e un turismo di qualità media ma competitivo soprattutto sui costi. I sistemi coesistono, Gallipoli ne è diventato l’emblema più evidente. In questo turismo massificato e chiassoso resistono oasi di una carte qualità, anche lungo la costa ionica, la più martoriata dall’abusivismo e dalle aggressioni edilizie. Gli operatori più intelligenti sono molto preoccupati: così non resisteremo a lungo, perché la sostenibilità ha dei limiti ecologici. Dice Giuseppe Coppola, imprenditore di Gallipoli: «La regione deve cambiare le sue politiche e aiutarci a organizzare un’accoglienza di qualità, meno strutture nuove e maggiori sostegni a chi investe sul miglioramento degli stand a rd » . La costa adriatica in parte si è salvata dagli scempi più vistosi, grazie anche alla natura. A Otranto, un piccolo borgo con un suo fascino attrattivo, è diventata una delle capitali delle vacanze del mare. Villaggi e piccoli alberghi, spiagge belle e organizzate. In uno di questi luoghi, a Nord della cittadina, un gruppo di giovani imprenditori ha coinvolto Briatore per realizzare un Twiga (la giraffa dalla traduzione della parola swahili), potendo così utilizzare un marchio affermato nell’extra lusso nei servizi sul mare. Briatore è rimasto affascinato dal resort Borgo Egnazia, a Savelletri, premiato a livello internazionale per la qualità dei suoi servizi e del suo inserimento nel contesto rurale. E’ il modello giusto, un segnale di grande impatto. La dimostrazione che è possibile realizzare interventi di alta gamma: bellezza ambientale e grande disciplina professionale. Molte reazioni alle parole di Briatore, in particolare sui social, sono emotive. Mettere i ricchi nelle condizioni di spendere un po’ di soldi in Puglia non è un peccato. Anzi, invogliarli a fermarsi nei nostri porti o alberghi è una buona occasione per far circolare i soldi facendoli finire nelle tasche di chi investe e lavora. Briatore (dispiaciuto per le disavventure della Ferrari, indietro rispetto ai tedeschi) è un italiano di nascita piemontese (Verzuolo sulle colline di Salluzzo), senza fronzoli e antiretorico. Un imprenditore che non vuole perdere tempo, convinto che in ogni settore o si è primi oppure si è destinati a rincorrere. Nella Formula uno dove conta molto la tecnologia, ma anche la compattezza e la grande preparazione della squadra. Nel turismo dove sono indispensabili strutture di grande attrattiva e una formazione del personale rigorosa, puntuale, multilingue, in grado di armonizzare serietà professionale ed empatia. Liquidare le sue parole in modo stizzoso o peggio da villani sarebbe un grande er rore.



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