Ficarra e Picone sbancano Netflix con ‘Incastrati’



Il nostro obiettivo non è consolarvi, ma farvi ridere!». Ci riescono da ben 25 anni di carriera e sodalizio artistico Ficarra e Picone, cambiando stili, tematiche e linguaggi sempre nel segno dell’ironia. E lo hanno fatto di nuovo, passando dal cinema alla loro prima serie tv, Incastrati, su Netflix. Una comedy in 6 episodi, scritta durante il lockdown, che mescola commedia all’italiana e crime.



Come siete arrivati a una serie tv? Ficarra: «Dobbiamo ringraziare Ilaria Castiglioni di Netflix che ci ha proposto di confrontarci con una serie tv. Una sfida nuova». Picone: «Ci ha affascinato la sfida di portare il nostro linguaggio comico in una serie, con colpi di scena e altri ritmi rispetto ai nostri film».

Come ha influito la pandemia su di voi e sul vostro lavoro? Ficarra: «Durante il lockdown scrivere le sceneggiature ci ha aiutato. In qualche modo la serie ci ha distratto dalla pandemia. Abbiamo imparato una nuova metrica, ma la comicità resta la stessa del cinema. Il nostro obiettivo non è consolarvi, ma farvi ridere! Abbiamo puntato sul crime come veicolo di ironia ma nella realtà, in Italia, ci sono spesso crimini senza colpevoli».

Cosa vi ha stimolato nel passaggio di una nuova tipologia di scrittura dal cinema alla serie tv? Ficarra: «Quando abbiamo accettato di girare per tre ore pensavamo che avrebbero pagato il doppio e in dollari, essendo Netflix americana. Invece non è andata proprio così…

Scherzi a parte, abbiamo capito subito che non era come dividere un film in più parti. A stimolarci è stato il fatto di misurarci con una cosa nuova, allungare la storia: la trama in più episodi ci ha dato la possibilità di approfondire l’avventura e la psicologia dei personaggi, le loro aspirazioni, le loro paure, le sconfitte e le rinascite».

Picone: «A noi piacciono i linguaggi nuovi e ci siamo misurati con persone che questo mondo già lo frequentavano, come Fabrizio Testini, Maddalena Ravagli e Leonardo Fasoli. Magari un giorno condurremo un telegiornale, o faremo l’Angelus!».

Come già in passato, anche in Incastrati avete scelto di confrontarvi con la narrazione della mafia. Picone: «Anche qui si parla di corruzione, di una mafia che dal basso va verso l’alto, ma sono argomenti sfiorati. In L’ora legale, per esempio, si faceva una riflessione più su noi italiani come cittadini, mentre qui i personaggi sono chiusi nella loro storia. L’autoironia ci contraddistingue, a partire da noi stessi, e con ironia ci approcciamo a tutto ciò che ci circonda, anche alla mafia».

Ficarra: «Abbiamo usato il crimine per fare ironia, non è una scelta legata per forza all’ambientazione siciliana. Anzi, è la prima volta che si vede un omicidio in un nostro film. Nella realtà abbiamo visto persone comuni arrivare ai vertici delle cosche mafiose e abbiamo portato questa cosa nella serie. È una mafia inabissata, ma che sta lavorando.

L’errore che si può fare oggi è di dimenticare. In Incastrati la protagonista è prima di tutto la Sicilia: la serie è ambientata in un paesino immaginario, ma è stata girata in diverse location. Ci siamo divertiti a fare dei riferimenti al cinema siciliano e alle serie tv, come dei piccoli omaggi. Per esempio, nel palazzo dove avviene l’omicidio c’è una signora che di cognome fa Ascalone, un omaggio alla giovane protagonista del film Sedotta e abbandonata di Pietro Germi. Siamo grandi amanti del cinema di Germi, ci ispiriamo molto a lui».

Un’altra costante dei vostri lavori è la rappresentazione femminile: sempre donne di carattere… Ficarra: «Tutte le donne dei nostri film sono sovversive, particolari, lontane dagli stereotipi, soprattutto legati al Sud, e non fanno eccezione nella serie il vice questore Agata (interpretata da Marianna Di Martino) e la moglie di Salvo, Ester (Anna Favella)».

Come è cambiata la vostra comicità dopo 25 anni insieme? Ficarra: «In La matassa ci siamo stancati, correvamo tantissimo. Oggi abbiamo tempi più comodi e corriamo in macchina (ndr: ride). Ecco, forse questo è cambiato nella nostra comicità». Picone: «Oggi abbiamo una comicità più asciutta, più sintetica. Ma non abbiamo cambiato nulla per questa serie. Alla fina la storia è quella: ci mettiamo nei guai e cerchiamo di uscirne in modo goffo. Ma qui togliendo ima pietruzza cade giù la montagna».
Vi siete mai sentiti “incastrati”? Ficarra: «L’unica cosa che ci tiene incastrati siamo noi, l’uno per l’altro. In realtà siamo sempre stati molto liberi di spaziare tra cinema, teatro e tv. Ci piace cambiare, non ripeterci mai».



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