Guerra in Ucraina, Vladimir Putin e i crimini di guerra



L’attacco al teatro di Mariupol usato come rifugio da centinaia di civili; l’ospedale pediatrico colpito nella stessa città; il panificio con decine di persone in fila bombardato alla periferia di Kiev; la mamma e la figlia uccise a Irpin dai mortai che sparavano sui profughi in fuga; le bombe a grappolo impiegate nella zone di Kharkiv dove è stato colpito anche un asilo; i condomini centrati dai missili…



È “l’operazione speciale” dell’esercito russo in Ucraina. «È un’aggressione », taglia corto con Gente Emanuele Russo, presidente di Amnesty International Italia. La parola non è scelta a caso: l’aggressione, infatti, è uno dei quattro reati che la Corte penale internazionale può perseguire assieme ai crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. È la prima volta che l’organizzazione prende una posizione così netta e il fatto assume ancor più importanza perché Amnesty International ha lo status di organo consultivo presso le Nazioni Unite proprio nell’ambito dei diritti umani.

E se, come precisa il capo degli Affari politici dell’Onu Rosemary DiCarlo, «le leggi umanitarie internazionali sono cristalline: i civili devono essere protetti», allora è legittimo domandarsi cosa accade se queste leggi non sono rispettate. In altre parole, Vladimir Putin potrebbe essere chiamato a rispondere di quanto ordinato ai suoi uomini? Oppure il fatto di non avere formalmente dichiarato guerra rende difficile se non impossibile perseguire lui o chiunque sia ritenuto responsabile di questi massacri? «Gli obblighi sanciti dalla Convenzione di Ginevra esistono a prescindere dall’aver dichiarato guerra a un altro Paese: c’è un conflitto armato e tanto basta», riassume a Gente Roger Okefee, docente di Diritto internazionale all’Università Bocconi di Milano.

Detto questo, altra cosa è pensare che il presidente russo o i suoi generali possano comparire davanti a un giudice. Secondo Okefee in teoria ci sono tre strade. La più importante è rappresentata dalla Corte penale internazionale, un tribunale internazionale istituito nel 2002. «È il punto più alto della giustizia internazionale ed essendo operativa al tempo stesso delle violazioni non può essere accusata di rappresentare un “tribunale dei vincitori” e per questo non obbiettivo », riassume Russo.

La Russia e l’Ucraina (insieme, tra gli altri, a Stati Uniti, Israele e Cina) non hanno però mai ratificato lo Statuto di Roma del 1998 che ne sanciva la nascita e questo significa che la Corte non ha giurisdizione in questi Paesi né può chiedere l’arresto per un loro cittadino. Il 3 marzo, però, su richiesta di altri Paesi membri tra cui l’Italia, il procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan ha annunciato l’avvio di un’indagine, affermando in una nota che “ci sono basi ragionevoli per credere che presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità siano stati commessi in Ucraina”.

Lo stesso Khan, il 18 marzo, si è recato a Leopoli per raccogliere testimonianze e prove. Sicuramente Kiev avrà tutto l’interesse a fornire documentazione (lo fece anche nel 2015 quando la Corte indagò sull’invasione russa della Crimea), mentre lo stesso non si potrà dire per Mosca. Ma poi cosa accadrà? «La Corte potrà emettere un mandato di arresto ma è vincolante solo per gli Stati membri», precisa Okefee. Significa che la polizia russa non potrà arrestare Putin cosa che, invece, potrà fare quella italiana.

«Anzi dovrà farlo, come sancito dalla stessa Corte in una sentenza di tre anni fa». In realtà un processo potrebbe essere istruito anche in qualsiasi altro Stato, e questa è la seconda possibilità. «Reati come i crimini di guerra sono intesi come violazioni del diritto internazionale e per questo vale un principio di giurisdizione universale», spiega ancora il docente della Bocconi. Svizzera, Paesi Bassi, Germania e Francia per esempio hanno inserito nelle loro legislazioni questi reati (in Italia non ancora) e in alcuni di questi Paesi il presidente russo e i suoi generali potrebbero essere processati anche in contumacia «seppure andrebbe affrontato la questione dell’immunità di cui godono i capi di Stato», aggiunge Okefee. Da ultimo, la possibilità che i responsabili siano processati nella stessa Russia. Vladimir Putin dovrebbe essere destituito… «un’ipotesi di scuola che però non può essere esclusa a priori».



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