Giuseppe Fiorello debutta da regista con Stranizza d’amuri, al cinema in questi giorni



Giuseppe (ama essere chiamato Beppe!) Fiorello è assolutamente entusiasta di averci qui nei sofisticati uffici di IblaFilm, la casa di produzione che lui e l’amata moglie Eleonora Pratelli gestiscono insieme. Siamo qui oggi per festeggiare il debutto del suo primo film da regista: un traguardo incredibile!



L’acclamato attore, famoso per aver interpretato ruoli da protagonista in molte fiction di successo, ha preso l’audace decisione di allontanarsi dalle luci della ribalta e di salire sulla sedia del regista per raccontare un film che occupava un posto speciale nel suo cuore. Intitolato Stranizza d’amuri, il film ora nelle sale racconta la storia di due giovani innamorati la cui relazione sboccia durante l’estate del 1982, mentre i Mondiali di calcio vengono trasmessi in televisione.

A Giorgio e Antonio fu tragicamente negata giustizia quando il delitto di Giarre avvenne nel 1980 a Catania, perché i carabinieri lo etichettarono subito come omicidio-suicidio senza trovare il vero colpevole. Questa ingiustizia ha ispirato il primo grande movimento italiano per i diritti degli omosessuali in Sicilia, terra di mafia e machismo. A loro dedichiamo con passione questo film in loro onore.

Questa storia lo ha appassionato e gli è rimasta impressa nella memoria da quando l’ha letta per la prima volta tredici anni fa. Oggi la questione è ancora più urgente, visto che il presidente del Senato ha recentemente espresso il suo dolore per un bambino gay e che i diritti dei bambini con genitori dello stesso sesso sono ancora oggetto di lotta. Purtroppo, c’è ancora chi dice ai maschi di “non fare la femminuccia”, un sentimento che è stato ripreso nel film.

Sono assolutamente affascinata dagli anni dell’adolescenza, non solo perché ho due figli straordinari, Anita e Nicola, ma anche perché la mia adolescenza è stata incredibilmente difficile. Ogni volta che guardo il film è come se mi guardassi allo specchio. All’epoca ero una persona molto silenziosa; ricordo che la mia insegnante mi faceva delle domande e io sapevo le risposte, ma non riuscivo a dirle ad alta voce.

Ero sopraffatto dalle emozioni; la scuola mi stava escludendo completamente. Inoltre, l’adolescenza è il momento in cui nasce l’amore autentico, indipendentemente dal fatto che sia tra persone dello stesso sesso o meno.

Assolutamente, credo che l’amicizia sia la forma più potente e bella di amore! Aveva un amico così? “Sì, Carmine! Andavamo insieme in motorino, ascoltando Lucio Dalla in cuffia. Lo abbracciavo e gli volevo bene, ma non eravamo omosessuali. Ancora oggi siamo amici”.

La scuola? Come è andata? “Malissimo, ho provato a frequentare le scuole serali ma alla fine ho abbandonato, anche se nostra madre era irremovibile nel farci studiare. Ha avuto successo con le mie sorelle Catena e Anna, un po’ con mio fratello Rosario, ma non con me. Mi pento di quella decisione ed è per questo che ora leggo tanto, per recuperare il tempo perduto. Mi appassiona raccontare storie vere, quindi studio e imparo”. In TV ora è Francesco Baracca. “Nel docufilm I cacciatori del cielo interpreto l’eroe della Prima Guerra Mondiale, ed è un ruolo che mi appassiona moltissimo!”.

Devo tutto a mia moglie Eleonora: è la mia guida e senza di lei non avrei realizzato il mio sogno di diventare regista. Ha avuto fiducia in me e mi ha motivato quando mi sentivo esausto. Ero stanco di recitare? Un po’ sì, ma continuo a farlo se la storia mi appassiona. Come regista, mi svegliavo con il sorriso sulle labbra perché potevo essere me stesso tutto il giorno.

Sono assolutamente appassionato del mio prossimo progetto: una storia di ragazzi vittime della crudeltà degli adulti. Lavorare con mia moglie è stato molto impegnativo, ma abbiamo fatto in modo di curare il nostro rapporto. Eleonora è stata fondamentale anche per assicurarsi che i giovani attori fossero al sicuro. Ero determinato ad avere molte donne sul set: dal montatore allo scenografo, alla costumista. Volevo che l’atmosfera fosse il più possibile accogliente e compassionevole, perché io sono già lì a spronare.

Sembri una persona straordinaria! “Sono finché qualcosa non mette in discussione le mie convinzioni, allora mi trasformo”. Il titolo, Stranizza d’amuri, è un’ode a Franco Battiato. “Era a conoscenza di questo film e ne era entusiasta; ci ha concesso i diritti di questa e di altre canzoni. Ci siamo incontrati inaspettatamente: una mattina a Donnalucata mi sono svegliata all’alba, sono scesa sulla spiaggia deserta e lui era lì, il mio idolo! Lo fermai, mi identificò e passammo la giornata insieme”.

La morte inaspettata di papà quando avevo solo 20 anni mi ha costretto a crescere in fretta. Era una delle poche persone che aveva accolto la mia timidezza e credeva che fossi un poeta. Ho deciso di fare tesoro della sua visione e ho iniziato il mio percorso con la musica, nel regno dei DJ e delle discoteche. Poi, per caso, ho incontrato un giovane scrittore che mi ha consigliato di provare con il cinema. Si chiamava Niccolò Ammaniti. Tutto questo è stato per me un viaggio incredibilmente appassionato.

Lei era la quiete in mezzo al chiasso della sua famiglia. “Papà, mio fratello, i cugini: erano tutti così allegri e pieni di vita. Non c’era mai un momento di quiete, ero ispirato dalla loro energia. Eravamo in vacanza a Letojanni, sotto Taormina, e mio padre portava i turisti a cena a casa nostra. Pur essendo un ufficiale della Guardia di Finanza nella vita di tutti i giorni, era l’anima della festa: raccontava battute esilaranti, storie avvincenti e aneddoti divertenti. Quando andava a riposare la casa diventava silenziosa, poi si alzava e tutto il quartiere si animava di nuovo.

Era amico di tutti, anche del contrabbandiere, perché sapeva che la stecca di sigarette serviva a sfamare qualcuno. Ed era onesto: se faceva finta di non vedere, non voleva nulla in cambio». I vostri figli hanno visto il film? «Sì, Anita era commossa, Nicola orgoglioso. Conoscono bene la mia terra, dove andiamo ogni estate. Anita ha preso il carattere del nonno e fa lunghe chiacchierate in dialetto con mia mamma. Nicola è riflessivo e profondo. Sarei contento se seguissero le mie orme». E suo fratello? «Anche Rosario l’ha visto e ne è entusiasta. Non faccio mai niente che lui non sappia prima: mi avverte se qualcosa non lo convince. Viceversa è difficile: lui è un artista perfetto, un innovatore. Che cosa gli vuoi dire?».



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