Patrick Hardison non ha mai cercato notorietà. Era un pompiere devoto, forte e coraggioso. La sua vita cambiò drasticamente nel settembre del 2001, durante un intervento per domare un incendio scoppiato all’interno di una roulotte. Mentre svolgeva il proprio dovere, il soffitto crollò e le fiamme avvolsero il suo volto.
Patrick sopravvisse, ma riportò ustioni devastanti: perse le orecchie, le labbra, le palpebre e gran parte del naso. La pelle del viso era completamente carbonizzata, e per coprire le ferite gli fu trapiantata una porzione di pelle prelevata dalla coscia.
Non riuscì a guardarsi allo specchio fino al mese di novembre. Quando i medici aprirono una piccola fessura nelle palpebre artificiali per permettergli di vedere, la sua reazione fu devastante: «Cos’è questo? Non ce la faccio», disse con voce spezzata.
Un lungo cammino tra dolore e speranza
Da quel giorno iniziò un percorso fatto di sofferenza, solitudine e tenacia. La moglie lo abbandonò, i figli crescevano e lui non riusciva quasi più a vederli. Cercava di partecipare alle loro partite di baseball, ma era costretto ad andarsene presto: gli altri genitori lo osservavano con disagio, i bambini si voltavano impauriti. Per strada, spesso veniva indicato e deriso.
Nei quattordici anni successivi, Patrick affrontò oltre 70 interventi di chirurgia plastica. Nonostante tutti gli sforzi, il suo aspetto continuava a ricordare quello di un personaggio da film dell’orrore. Eppure non si arrese mai.
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