La Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha dato il via libera al primo test del sangue in grado di individuare la presenza di placche amiloidi associate al morbo di Alzheimer. Questa approvazione rappresenta un importante passo avanti nella diagnosi precoce della malattia neurodegenerativa più diffusa al mondo, con significativi benefici per pazienti e famiglie.
Il nuovo test potrebbe rivoluzionare l’approccio terapeutico, consentendo di iniziare trattamenti come quelli a base di anticorpi monoclonali – ad esempio il donanemab e il lecanemab – nelle fasi iniziali della malattia. Studi clinici hanno dimostrato che questi farmaci possono rallentare la progressione dell’Alzheimer fino al 35%, offrendo ai pazienti più tempo per mantenere autonomia e indipendenza. Questo aspetto è cruciale, considerando l’impatto sociale ed economico della patologia.
Attualmente, l’Alzheimer viene diagnosticato con certezza solo post-mortem, attraverso l’analisi del tessuto cerebrale. Tuttavia, segnali precoci della demenza possono manifestarsi molti anni prima dei sintomi evidenti, come perdita di memoria, difficoltà linguistiche e cambiamenti d’umore. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista The New England Journal of Medicine, i biomarcatori della malattia possono essere rilevati nel liquido cerebrospinale fino a 18 anni prima della comparsa dei sintomi clinici. Tuttavia, il prelievo lombare necessario per analizzare questo liquido è una procedura invasiva e non praticabile su larga scala.
Il test recentemente approvato dalla FDA, sviluppato da Fujirebio Diagnostics, utilizza un semplice prelievo di sangue per analizzare specifici biomarcatori legati all’Alzheimer. In particolare, misura il rapporto tra due proteine, pTau217 e β-amiloide 1-42, presenti nel plasma. Livelli elevati di queste proteine sono indicatori di neurodegenerazione e accumulo di placche amiloidi nel cervello, segni distintivi della malattia. Il test, denominato Lumipulse G pTau217/ß-amiloide 1-42, ha dimostrato un’efficacia diagnostica paragonabile a quella delle tecniche più avanzate, come l’analisi del liquido cerebrospinale o la tomografia a emissione di positroni (PET).
La FDA ha sottolineato che il test è destinato a pazienti con segni di declino cognitivo che si presentano in contesti specialistici. “I risultati di questo studio indicano che il nuovo esame del sangue può predire in modo affidabile la presenza o l’assenza di patologia amiloide associata alla malattia di Alzheimer al momento del test in pazienti con deficit cognitivo”, ha dichiarato l’agenzia. Inoltre, la FDA ha evidenziato che questo strumento diagnostico potrebbe rendere più accessibile la diagnosi precoce della malattia a milioni di persone negli Stati Uniti.
Attualmente, circa 7 milioni di americani convivono con l’Alzheimer, e si stima che tale numero possa quasi raddoppiare entro il 2050. L’approvazione del test rappresenta dunque una svolta significativa per affrontare una delle principali sfide sanitarie globali.
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