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Identificata una proteina che accelera l’invecchiamento nel corpo: anticorpi potrebbero bloccarla



I ricercatori hanno scoperto una peculiare proteina, chiamata ReHMGB1, in grado di diffondere la senescenza cellulare, ovvero l’invecchiamento, in tutto l’organismo attraverso il flusso sanguigno. Esperimenti condotti su modelli murini e cellule umane in coltura hanno dimostrato che questa proteina può essere inibita con anticorpi specifici, riducendo i processi legati all’invecchiamento cellulare e all’infiammazione, e promuovendo la rigenerazione. In altre parole, questa scoperta apre la strada a possibili terapie per contrastare la senescenza e le patologie ad essa correlate. Sebbene non si tratti di un vero e proprio elisir di lunga vita, i risultati ottenuti rappresentano una base solida per lo sviluppo di terapie innovative, soprattutto considerando l’invecchiamento della popolazione mondiale. Secondo i dati dell’OMS, entro il 2050 si prevede un triplice aumento dei casi di demenza, la cui forma più diffusa è il morbo di Alzheimer.



La scoperta che la proteina ReHMGB1 è in grado di diffondere l’invecchiamento a livello sistemico, cioè in tutto l’organismo, attraverso il sangue è stata fatta da un team di ricerca internazionale guidato da scienziati sudcoreani della Facoltà di Medicina dell’Università della Corea. Il team ha collaborato a stretto contatto con ricercatori di diversi istituti, tra cui il Dipartimento di Microbiologia dell’Università Yonsei, il Dipartimento di Bioingegneria dell’Università della California di Berkeley e il Jean Mayer USDA Human Nutrition Research Center on Aging presso l’Università Tufts di Boston. I ricercatori, coordinati dal professor Ok Hee Jeon, docente presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Seoul, sono giunti alle loro conclusioni dopo essersi concentrati sulla proteina High Mobility Group Box 1 (HMGB1), il cui aumento extracellulare è notoriamente associato all’invecchiamento cellulare.

La senescenza cellulare e gli effetti di HMGB1. (Credito: Università della Corea)

Questa proteina è una componente fondamentale del fenotipo secretorio associato alla senescenza (SASP), un gruppo di molecole infiammatorie rilasciate dalle cellule senescenti e in grado di influenzare le cellule limitrofe. Le cellule senescenti si accumulano nell’organismo con l’avanzare dell’età (e anche a causa di radiazioni e altri fattori). Sono caratterizzate dalla progressiva perdita della capacità di dividersi, di funzioni e di rigenerarsi, pur rimanendo vive. Questo processo porta a un aumentato rischio di malattie, come i tumori, e all’invecchiamento generale dell’organismo, che riflette l’età biologica. Il professor Jeon e i suoi colleghi sapevano che le cellule senescenti secernono fattori pro-infiammatori come HMGB1, che spingono le cellule circostanti a “invecchiare”. Tuttavia, non conoscevano il meccanismo che portava a diffondere questo invecchiamento al resto dell’organismo e, quindi, ai tessuti distanti.

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Grazie a modelli murini e cellule coltivate in vitro, è stato scoperto che una forma ridotta di HMGB1, chiamata ReHMGB1, è in grado di circolare nell’organismo attraverso il flusso sanguigno e indurre la senescenza anche in cellule molto lontane dalla fonte. Negli esperimenti, ad esempio, sono stati colpiti fibroblasti, cellule dei reni e cellule muscolari scheletriche. Aumentando le concentrazioni di ReHMGB1, è stato rilevato un incremento dei processi infiammatori e una riduzione della funzione muscolare. D’altro canto, inibendo questa proteina con anticorpi ad hoc, è stato osservato l’esatto contrario: sono stati ridotti i marcatori di senescenza, è stata migliorata la funzionalità e la rigenerazione del tessuto muscolare in topi con lesioni. Tutto questo suggerisce che trattamenti anti-ReHMGB1 potrebbero essere in grado di contrastare la diffusione della senescenza cellulare e, di conseguenza, anche le patologie e le disfunzioni tipiche dell’invecchiamento.

“Questo studio rivela che i segnali di invecchiamento non sono confinati alle singole cellule, ma possono essere trasmessi a livello sistemico attraverso il sangue, con ReHMGB1 che funge da driver chiave”, ha affermato il professor Jeon in un comunicato stampa. “Bloccando questa via, siamo stati in grado di ripristinare la capacità rigenerativa dei tessuti, suggerendo una strategia promettente per il trattamento delle malattie legate all’invecchiamento”, ha concluso lo scienziato. I dettagli della ricerca, intitolata “Propagation of senescent phenotypes by extracellular HMGB1 is dependent on its redox state”, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Metabolism: Clinical and Experimental.



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