La Corte d’Appello di Bologna ha emesso la sentenza riguardante l’omicidio di Saman Abbas, la giovane pachistana uccisa nelle campagne di Novellara tra aprile e maggio 2021. La corte ha confermato l’ergastolo per i genitori, Shabbar Abbas e Nazia, mentre ha aumentato la pena dello zio Danish Hasnain a 22 anni. In primo grado, Hasnain era stato condannato a 14 anni, mentre i cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz erano stati assolti. La Procura aveva chiesto il massimo della pena per tutti gli imputati.
Durante l’udienza, l’avvocata Sheila Foti, che difende Shabbar Abbas, ha sostenuto che Saman dovrebbe essere considerata “la figlia di tutti noi”. Ha raccontato che durante il primo colloquio, Shabbar le aveva detto: “Un padre e una madre, con la P e la M maiuscola, non ammazzano le figlie. Lei era la mia luce”. Foti ha messo in dubbio la credibilità del fratello di Saman come testimone oculare e ha suggerito che la ragazza avesse un appuntamento con qualcuno la sera del delitto, ipotizzando la presenza di una donna.
Nonostante le argomentazioni della difesa, la corte ha ritenuto i genitori colpevoli, confermando che non fossero ignari di quanto accaduto. Foti ha dichiarato: “Il ricordo di Saman debba andare oltre la ricostruzione del delitto d’onore: se vogliamo darle giustizia dobbiamo ricostruire quello che è veramente successo”.
Prima del verdetto finale, i cugini di Saman, assolti in primo grado, hanno fatto dichiarazioni spontanee. Ikram Ijaz ha affermato: “Sono innocente, non ho avuto nessun ruolo in questa vicenda, come anche Nomanhulq. Non siamo colpevoli, non vogliamo andare di nuovo in carcere e chiediamo giustizia”. Nomanhulaq Nomanhulaq ha espresso rammarico per la situazione: “Mi dispiace moltissimo di quello che è successo, ma su questo non posso riferire”. Entrambi hanno riconosciuto che fuggire è stato un errore: “L’errore che abbiamo fatto è allontanarci da qua, se non fossimo fuggiti non saremmo in questa situazione”.
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