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Messaggio forte e chiaro da Censis: gli italiani non risparmiano critiche a Giorgia Meloni



In un contesto internazionale caratterizzato da crescenti tensioni e conflitti militari, la società italiana si presenta come culturalmente e psicologicamente impreparata a fronteggiare la guerra. Secondo un’indagine condotta dal Censis su “Gli italiani in guerra”, che La Stampa ha anticipato, emerge un quadro chiaro: la maggior parte degli italiani non è pronta a combattere. “Una impreparazione culturale e psicologica, prim’ancora che nella dimensione specificamente bellica: in pratica non si riesce a concepire la guerra come un fatto possibile e attuale, ritenendo ancora di poterla aggirare con astuzie politico-diplomatiche”, afferma lo studio.



L’indagine, realizzata su un campione di 1.007 individui maggiorenni, rivela che solo il 16% dei partecipanti nella fascia d’età tra 18 e 45 anni sarebbe disposto a combattere. Invece, il 39% si dichiarerebbe pacifista e protesterebbe di fronte a un richiamo delle forze armate. Inoltre, il 19% degli intervistati ha dichiarato che diserterebbe o fuggirebbe per evitare il conflitto, mentre un altro 26% si rifiuterebbe di andare in guerra, suggerendo soluzioni alternative come l’arruolamento di soldati professionisti o il pagamento di mercenari stranieri per combattere al loro posto.

La ricerca mette in evidenza che, nonostante la percezione di minacce globali provenienti da paesi come Russia, Stati Uniti, Israele e Cina, la maggioranza degli italiani preferirebbe non essere coinvolta in un conflitto. Infatti, due italiani su tre ritengono che il nostro paese non sia composto da guerrieri e che, se combattesse da solo, rischierebbe di essere sopraffatto dal nemico. Per il 63% degli intervistati, i dazi americani sono già considerati un atto di guerra, il che ha portato a una crescente sfiducia nella protezione offerta dagli Stati Uniti.

Nonostante ciò, quasi la metà degli italiani sostiene che sia necessario rafforzare la NATO, mentre il 58% è favorevole a sviluppare un sistema di difesa europeo. Tuttavia, la società si divide sulle modalità di preparazione: il 22% della popolazione non ritiene necessario potenziare l’apparato di sicurezza, mentre il 26% è favorevole a un riarmo per rendere l’Italia più temibile.

In aggiunta, l’indagine rivela che una parte della popolazione è disposta a sacrificare la spesa pubblica, incluso il finanziamento di scuole, ospedali e pensioni, per investire nella difesa nazionale. Un 11% degli intervistati addirittura sostiene che l’Italia dovrebbe dotarsi di armi nucleari.

Di fronte a queste preoccupazioni, gli italiani mostrano una reazione pragmatica. L’81% afferma che cercherebbe informazioni su rifugi sicuri in caso di bombardamenti, il 78% si preparerebbe a stoccare provviste alimentari a lungo termine e il 66% (con un picco del 77% tra i giovani sotto i 35 anni) si procurerebbe kit di sopravvivenza. Inoltre, il 59% degli italiani considera l’idea di trasferirsi in zone lontane dai conflitti, con il 68% tra i più giovani che condivide questa opinione. Un 27% (39% tra i giovani) ha anche espresso l’intenzione di procurarsi un’arma e imparare a usarla per difendersi.



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