Tensione altissima nel carcere di Marassi, a Genova, dove oggi, mercoledì 4 giugno, è scoppiata una rivolta che ha coinvolto circa un centinaio di detenuti. Secondo le prime ricostruzioni, la sommossa sarebbe stata innescata dalla denuncia di un episodio di violenza tra i reclusi, avvenuto il giorno precedente. La gravità dell’accaduto avrebbe scatenato una reazione collettiva che è rapidamente degenerata in una situazione caotica.
Alcuni detenuti sono riusciti a uscire dalle celle, raggiungendo le aree esterne vicine al muro di cinta, mentre altri si sono arrampicati sui tetti del penitenziario, lanciando accuse e chiedendo attenzione sulle presunte violenze. La protesta si è concentrata nella seconda sezione del carcere, una delle aree più affollate della struttura, dove, al momento dello scoppio della sommossa, sarebbero stati presenti solo due agenti della polizia penitenziaria.
Le forze dell’ordine sono intervenute immediatamente per gestire l’emergenza. Sul posto sono accorsi numerosi agenti della polizia penitenziaria, supportati da pattuglie della polizia di Stato, carabinieri e polizia locale. Diversi mezzi del 118 sono stati mobilitati per soccorrere i feriti, mentre le strade circostanti, tra cui via del Faggio, corso De Stefanis e piazzale Marassi, sono state chiuse al traffico per motivi di sicurezza.
Il bilancio provvisorio della rivolta parla di tre feriti, tra cui un agente della polizia penitenziaria colpito a un ginocchio. Anche alcuni detenuti avrebbero riportato contusioni, ma le loro condizioni non sarebbero gravi. Al momento, non sono stati confermati tentativi di evasione, anche se non si esclude che, nella confusione, alcuni abbiano provato ad avvicinarsi ai confini esterni del carcere.
La situazione è stata descritta come drammatica da Simonetta Colello, insegnante da diciotto anni presso l’istituto penitenziario, che ha raccontato quanto accaduto a Genova24: “È scoppiata una sommossa molto pesante. Noi insegnanti eravamo dentro e ci hanno chiuso in un’aula per proteggerci. Non ho mai vissuto nulla di simile. I detenuti erano tantissimi e non c’era modo di comunicare con l’esterno. Abbiamo visto vetri rotti, lanci di oggetti, scene di vera violenza”. Anche il personale sanitario presente al momento della rivolta è stato messo al sicuro in un locale isolato.
La protesta ha messo in evidenza le difficoltà di gestione del carcere di Marassi, una struttura già nota per il sovraffollamento e la carenza di personale. La seconda sezione, teatro della sommossa, è una delle aree più problematiche del penitenziario, dove le condizioni di lavoro per gli agenti e il personale sono spesso al limite. La presenza di soli due agenti al momento dell’esplosione della rivolta ha ulteriormente aggravato la situazione, rendendo necessario l’intervento massiccio delle forze dell’ordine per riportare la calma.
Le autorità stanno ora cercando di ricostruire l’esatta dinamica degli eventi e di accertare le responsabilità. La denuncia di sevizie subite da un detenuto, che avrebbe innescato la sommossa, è al centro delle indagini, così come le modalità con cui i carcerati sono riusciti a uscire dalle celle e a raggiungere i tetti della struttura. Si tratta di aspetti cruciali per comprendere le falle nel sistema di sicurezza e prevenire il ripetersi di episodi simili.
L’episodio di oggi rappresenta l’ennesimo segnale di allarme sulle condizioni critiche delle carceri italiane, dove il sovraffollamento e la carenza di risorse continuano a generare tensioni e rischi per la sicurezza. La rivolta di Marassi è solo l’ultimo di una serie di episodi che evidenziano la necessità di interventi strutturali per migliorare la gestione degli istituti penitenziari e garantire condizioni dignitose sia per i detenuti che per il personale.
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