Dopo la recente riunione del Consiglio dei ministri, che ha portato all’introduzione del reato di femminicidio come reato autonomo, la ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, ha espresso la sua posizione riguardo all’educazione sessuale nelle scuole. In un’intervista a “Il Messaggero”, ha dichiarato che non esiste una correlazione diretta tra l’implementazione di programmi di educazione sessuale e la diminuzione dei femminicidi. Secondo Roccella, i dati europei indicano che nei Paesi dove l’educazione sessuale è presente non si osserva un calo dei femminicidi; anzi, ha citato il caso della Svezia, dove i tassi di femminicidio sono superiori a quelli dell’Italia.
La ministra ha sottolineato l’importanza di basare le politiche sui dati concreti. Ha affermato: “Con Valditara e la Fondazione Cecchettin, piuttosto, abbiamo insistito molto sull’educazione al rispetto”. Questa affermazione riflette un approccio focalizzato sulla promozione del rispetto reciproco piuttosto che sull’educazione sessuale in sé.
L’UNESCO, nel 2018, aveva già evidenziato l’importanza dell’educazione sessuale nelle scuole, sostenendo che essa può contribuire positivamente allo sviluppo di conoscenze, competenze e atteggiamenti tra i giovani. Inoltre, nel 2010, l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva raccomandato l’introduzione di tali programmi fin dalla scuola materna, evidenziando la necessità di una formazione adeguata per la salute e il benessere dei bambini e degli adolescenti.
Il diritto all’educazione affettiva e sessuale è stato ribadito dall’UNESCO come fondamentale non solo per la salute, ma anche per il rispetto dei diritti umani e per promuovere l’uguaglianza di genere, un obiettivo chiave dell’Agenda 2030 dell’ONU. Tuttavia, il rapporto del Global Education Monitoring dell’UNESCO ha rivelato che circa 10 milioni di gravidanze non desiderate si verificano tra i giovani di età compresa tra 15 e 19 anni, evidenziando la necessità di migliorare l’educazione sessuale a livello globale.
In particolare, l’Italia si colloca tra gli ultimi Paesi europei in termini di educazione sessuale nelle scuole. Insieme a Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania, l’Italia è uno degli ultimi Stati membri dell’UE in cui l’educazione sessuale non è prevista nel curriculum scolastico. Solo 21 Stati hanno introdotto progetti obbligatori di educazione sessuale e sentimentale nelle scuole, ma solo 10 di questi hanno implementato un programma di Comprehensive Sexuality Education (CSE), che affronta la sessualità in modo olistico.
Paesi come Svezia, Austria, Germania, Francia e Spagna hanno fatto progressi significativi nell’integrare l’educazione sessuale nei loro programmi scolastici. Per esempio, la Svezia ha introdotto l’educazione sessuale nel 1955, mentre l’Austria ha fatto lo stesso nel 1970. In dieci Paesi europei, l’educazione affettiva e sessuale è parte integrante del curriculum, fornendo un insegnamento completo sugli aspetti cognitivi, emozionali, fisici e sociali della sessualità.
Secondo l’UNESCO, i Paesi che hanno implementato percorsi di educazione sessuale hanno registrato miglioramenti significativi. Maggiore informazione porta i giovani a sviluppare una maggiore consapevolezza riguardo al rispetto e al consenso, riducendo il rischio di violenza, sfruttamento e abusi sessuali, e favorendo pratiche sessuali più sicure.
In risposta alle accuse di transfobia mosse durante il corteo di “Non una di meno” a Roma, dove alcuni slogan miravano direttamente a lei e al ministro Valditara, Roccella ha dichiarato: “Non è sintomo di transfobia dire che il femminismo parte dall’avere un corpo sessuato di donna”. Ha continuato affermando che sarebbe auspicabile un confronto sereno tra femministe e transfemministe, piuttosto che conflitti e insulti.
Riguardo al disegno di legge sul femminicidio, la ministra ha affermato che si tratta di una legge completa, non limitata al solo reato di femminicidio, ma che include misure per informare le donne e le loro famiglie riguardo all’intero iter giudiziario. Ha descritto l’introduzione del femminicidio nel Codice come un segnale forte, chiarendo che l’ergastolo non è l’unico obiettivo della legge.
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