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Sconcerto durante il corteo: esposto uno striscione che inneggia alla strage del 7 ottobre



Il richiamo a manifestare non si è spento: oggi, nel giorno in cui Israele e Hamas avrebbero accettato un piano di pace statunitense, i sostenitori della Palestina sono tornati in piazza con il corteo nazionale, già oggetto di stretti controlli di sicurezza. E ciò che le autorità hanno riscontrato durante le ispezioni ai caselli autostradali getta ombre sulle reali intenzioni della mobilitazione.



Durante i controlli preventivi, le forze di polizia hanno fermato un’auto e due pullman diretti al corteo. A bordo, sono stati rinvenuti dispositivi non ordinari in manifestazioni pacifiche: maschere antigas, aste metalliche, mazze di legno. Il materiale è stato immediatamente sequestrato, i circa sessanta passeggeri identificati portati in uffici di polizia, e ora rischiano il foglio di via obbligatorio dalla provincia di Roma.

Il piano sicurezza predisposto dalla Questura era attivo già dalle 8 del mattino, con operazioni di bonifica e monitoraggio lungo il percorso stabilito per il corteo. Nel corso della manifestazione sono emerse bandiere della Palestina e striscioni con scritte come “Stop complicità con Israele contro occupazione e genocidio, con la resistenza Palestinese” e “Cacciamo il governo complice del genocidio”. Altri cartelloni recitavano: “Il 7 ottobre giornata della Resistenza palestinese”, oppure inneggiamenti alla Flotilla e alla popolazione di Gaza.

Elementi più aspri non sono mancati: alcune immagini ritraevano Meloni, Tajani e Salvini etichettati come “complici del genocidio”. La retorica dei manifestanti non ha nascosto un alto tasso di radicalizzazione, con linguaggio diretto al governo italiano e al suo ruolo nel conflitto.

Che cosa vuole ottenere questo nuovo assalto simbolico alle strade?

Le ragioni ufficiali – e magari effettive – sono molteplici:

  1. Pressione politica e mediatica
    Il corteo vuole mantenere alta l’attenzione sull’offensiva israeliana, sulla popolazione di Gaza e sul blocco navale. In un contesto mediatico già saturo, l’obiettivo è dare spazio alle istanze palestinesi, puntare il dito contro i governi occidentali e rafforzare la mobilitazione popolare.

  2. Condanna e delegittimazione del governo italiano
    Slogan, bandiere e attacchi verbali contro figure politiche dominanti suggeriscono che una parte del corteo mira a delegittimare l’esecutivo italiano, accusandolo di inerzia o complicità nel conflitto. Il messaggio è: non basta la mera condanna, serve un cambio netto di politica estera.

  3. Radicalizzazione emotiva e simbolismo storico
    Le richieste che fanno riferimento alla “resistenza” e al 7 ottobre come data simbolica si inseriscono in un linguaggio militante. Gli elementi ritrovati – maschere, bastoni, aste – rafforzano l’idea che non si tratti solo di una manifestazione simbolica, ma di un momento di conflitto identitario forte.

  4. Negoziazione di visibilità e riconoscimento
    In momenti di possibile tregua o accordo, chi riesce a presidiare la scena pubblica guadagna potere contrattuale nel media framing internazionale. Essere presenti, efficaci, anche con qualche componente più aggressiva, può portare le istanze della causa a contare di più nei negoziati politici e diplomatici.

Tuttavia, la linea tra protesta legittima e momenti di confronto più aspro è molto labile. Il sequestro anticipato di oggetti potenzialmente violenti evidenzia la consapevolezza delle forze dell’ordine del rischio che alcuni settori del corteo vogliano superare i limiti consentiti.



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