Una settimana di cartoni animati anni ’90 ha portato risultati sorprendenti nella casa di Ariel Shearer, una madre americana che ha deciso di testare l’impatto di contenuti televisivi più tradizionali sui suoi quattro figli, tutti sotto i sei anni. L’esperimento, nato da un’intuizione personale, ha avuto l’obiettivo di contrastare l’influenza dei dispositivi tecnologici moderni e dei contenuti frenetici che dominano oggi il panorama dell’intrattenimento per bambini.
La donna ha condiviso i dettagli e le conclusioni del suo esperimento attraverso un post su Instagram, che ha rapidamente guadagnato visibilità online. La scelta di proporre ai bambini programmi televisivi degli anni ’90 non è stata casuale: Ariel Shearer ha optato per titoli caratterizzati da ritmi narrativi più lenti e atmosfere rassicuranti, tra cui “Franklin Tartaruga”, “Bear nella grande casa blu”, “I Rugrats”, “Dora l’esploratrice” e “Allacciate le cinture – Viaggiando si impara”. Questi cartoni, molto popolari anche in Italia, hanno segnato l’infanzia di un’intera generazione e si distinguono per uno stile visivo meno aggressivo rispetto ai contenuti moderni.
Secondo quanto riportato dalla madre, i risultati sono stati immediati e notevoli. Ariel Shearer ha osservato che i suoi figli erano meno inclini a fare capricci e mostravano una maggiore capacità di interazione tra loro. Inoltre, si sono dimostrati più propositivi nel gioco autonomo, senza la necessità di essere costantemente stimolati da contenuti digitali. La donna ha sottolineato che i bambini non hanno manifestato insistenza nel voler vedere altri episodi dei cartoni animati e che le crisi al termine del tempo concesso per la visione si sono drasticamente ridotte.
Un aspetto interessante emerso dall’esperimento è il cambiamento nel modo in cui i bambini interagivano con lo schermo. Durante la visione dei cartoni, erano meno “ipnotizzati” e più presenti nel momento, spesso coinvolgendosi in conversazioni o giochi tra loro. Questo comportamento, secondo Ariel Shearer, può essere attribuito alla natura dei programmi anni ’90, pensati per intrattenere senza sopraffare il giovane pubblico. Un esempio emblematico è “Franklin Tartaruga”, che narra le vicende quotidiane di una tartaruga in modo pacato e rassicurante, in netto contrasto con i contenuti moderni, spesso caratterizzati da ritmi accelerati ed effetti sonori intensi.
L’esperienza della madre trova supporto anche nella ricerca scientifica. Uno studio pubblicato nel 2011 sulla rivista Pediatrics ha esaminato gli effetti immediati della televisione sui bambini piccoli. I risultati indicano che bastano nove minuti di esposizione a cartoni animati frenetici per influenzare negativamente le funzioni esecutive dei bambini di quattro anni, compromettendo temporaneamente concentrazione, autocontrollo e capacità di risolvere problemi. Al contrario, contenuti con ritmi più lenti e narrazioni semplici possono intrattenere senza causare sovrastimolazione.
L’iniziativa di Ariel Shearer ha generato un dibattito online, attirando l’attenzione di genitori e educatori. Molti utenti hanno commentato il post su Instagram condividendo esperienze simili o manifestando interesse per l’approccio adottato dalla madre americana. Alcuni genitori hanno dichiarato di voler seguire il suo esempio, mentre altri hanno espresso preoccupazioni riguardo alla crescente dipendenza dei bambini dai dispositivi tecnologici.
Il successo dell’esperimento suggerisce che un ritorno a forme di intrattenimento meno invasive potrebbe rappresentare una soluzione efficace per migliorare il benessere dei più piccoli. Tuttavia, resta importante considerare che ogni famiglia ha esigenze diverse e che le scelte educative devono essere adattate al contesto specifico.
In un’epoca in cui l’intrattenimento digitale è sempre più presente nella vita quotidiana dei bambini, l’esperienza di Ariel Shearer offre uno spunto interessante per riflettere sull’importanza di contenuti equilibrati e sulla necessità di limitare l’esposizione ai dispositivi tecnologici.
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