Il 12 luglio Donald Trump ha scelto la via protezionista annunciando l’introduzione di dazi al 30 % su tutte le importazioni provenienti dall’Unione Europea, in vigore a partire dal 1° agosto 2025 . Nella missiva indirizzata alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e divulgata tramite Truth Social, Trump dichiara che questa misura “è ben al di sotto di quanto sarebbe necessario per eliminare il deficit commerciale” con l’Europa .
Nel testo, il tycoon avverte che “Se reagirete con altre tariffe, l’importo verrà aggiunto al 30 % applicato”, suggerendo un eventuale aumento automatizzato della tassa doganale in risposta a eventuali contromisure europee . Tuttavia, offre anche una via d’uscita: nessun dazio sarà applicato se le imprese europee decideranno di produrre negli Stati Uniti .
Reazioni istituzionali e diplomatiche
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Ursula von der Leyen ha definito la scelta “senza precedenti” per l’Ue, avvertendo che provocherebbe gravi danni alle catene di produzione transatlantiche e rendendo necessarie “contromisure proporzionate” qualora le trattative non portino a un accordo entro il 1° agosto .
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Palazzo Chigi e la premier Giorgia Meloni hanno invitato a intensificare i negoziati fra Stati Uniti e Commissione, auspicando una soluzione equilibrata per evitare una guerra commerciale atlantica ().
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Il vicepresidente del Consiglio Schlein ha invitato a “sventare una guerra commerciale”, mentre il senatore M5s Stefano Patuanelli ha attaccato duramente l’esecutivo, facendo notare che “ora ci troviamo dazi almeno al 30 %” .
Impatto per l’Italia: cosa cambia
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Cgia di Mestre avverte che un incremento dal 20 % al 30 % dei dazi potrebbe tradursi in fino a 12 miliardi di euro di mancati ricavi per le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti .
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Lo studio evidenzia che circa 3.300 imprese italiane esportatrici risultano particolarmente vulnerabili: coinvolgono settori come farmaceutico, meccanico, alimentare, vinicolo, oleario e mobili .
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Con un export oltre i 64 miliardi di euro nel 2024, l’Italia figura tra i Paesi europei più esposti, seconda solo alla Germania .
Quali effetti sui prezzi e sui consumatori?
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A seguito del rialzo della tariffa, i prodotti Ue negli Stati Uniti vedranno un incremento medio dei prezzi del 30 %: da 100 € a circa 130 € (150 $), considerando anche l’euro debole nei confronti del dollaro ().
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Le imprese statunitensi che dipendono da componenti europee dovranno sostenere costi più alti, riflettendoli sui consumatori Usa ().
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In Italia, l’impatto sui prezzi interni sarà marginale se l’Ue non reagirà con controdazi. In tal caso, i consumatori europei (e italiani) pagheranno di più per import dall’America, ma il meccanismo sarà simmetrico ().
Rischi e possibili contromisure
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Le imprese italiane che esportano potrebbero tentare di spostare la produzione negli Stati Uniti, evitando così la tariffa direttamente sull’export ().
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Alcuni prodotti del made in Italy, soprattutto quelli di alta gamma (es. vini pregiati), potrebbero reggere gli incrementi di prezzo sul mercato Usa, attenuando l’impatto ().
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In Ue si moltiplicano le richieste per semplificare burocrazia, ridurre costi energetici, migliorare l’accesso al credito, e potenzialmente implementare incentivi pubblici per mantenere la competitività ().
In conclusione
Trump ha formalizzato, tramite lettera a von der Leyen, un provvedimento drastico: dazi al 30 % su tutti i beni europei importati negli Stati Uniti, con possibilità di aumenti automatici in caso di ritorsioni . La risposta dell’Ue sarà decisiva: l’opzione resta quella del dialogo, ma l’Unione si prepara già a interventi economici e diplomatici. Per l’Italia, sebbene il prezzo sui prodotti destinati ai consumatori statunitensi salga, le conseguenze più pesanti ricadranno sulle imprese export‑oriented: 3.300 aziende particolarmente esposte rischiano gravi ripercussioni, con una perdita potenziale fino ai 12 miliardi di euro se la situazione non verrà gestita efficacemente ().



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