Bollette luce e gas, il passaggio al mercato libero non ci sarà prima del 2020



La fine del regime di maggior tutela di gas e luce, mercato in cui si trova ancora la maggioranza delle famiglie, slitta ancora una volta: dal 1° luglio 2019 al 1° luglio 2020 grazie all’approvazione di un emendamento targato Lega-M5s al decreto Milleproroghe approvato in commissione Affari istituzionali del Senato. “La misura – ha spiegato il sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico, Davide Crippa – si è resa indispensabile, perché non sussistono le necessarie garanzie di informazione per i consumatori su mercato, competitività e trasparenza”. Richiesta lanciata giovedì scorso dal futuro presidente di Arera (l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) durante un’audizione in Parlamento.



Già nella passata legislatura i due partiti avevano espresso dubbi sulla fine del regime di maggior tutela: se la liberalizzazione del mercato nasce, infatti, da un’esigenza di maggior concorrenza tra gli operatori e di più ampi margini di guadagno che possano portare a maggiori investimenti nel settore, le offerte libere già presenti sul mercato non sempre si sono rivelate convenienti. Senza sottovalutare il rischio per 22 milioni di famiglie del mercato del tutelato della luce e 18 milioni del gas di ritrovarsi un nuovo gestore senza averlo scelto e senza possibilità di risparmio. Anche se dal 2015 è stato avviato l’iter per lo stop definitivo al regime di maggior tutela, tecnicamente è stato fatto ben poco per preparare gli italiani a questo passaggio. Dubbi che anche nel 2017 hanno portato a una proroga, prevista dal ddl Concorrenza, dopo la levata di scudi delle associazioni di consumatori per i possibili rincari alle bollette e le fibrillazioni interne alla maggioranza Pd.

Del resto, quello italiano è già tecnicamente un mercato libero: dal 2003 per il gas e dal 2007 per la luce è possibile scegliere il proprio fornitore (come si fa per la telefonia) o restare nel regime tutelato dove l’Arera ogni tre mesi stabilisce il prezzo. Un importo, frutto dell’acquisto collettivo di energiasenza ricarichi, ma soggetto alle oscillazione del prezzo del petrolio e delle numerose voci che compongono la bolletta, come le spese di gestione e gli oneri di sistema che da sole rappresentano il 35% del totale della bolletta della luce. Nel mezzo ci sono un terzo delle famiglie che non sa quanto spende davvero, mentre l’80% ignora addirittura il tipo mercato in cui si trova. Tanto che, fino ad oggi, chi ha abbandonato il mercato libero (il 34,4% dei clienti domestici dell’elettricità e poco meno del 38% del gas, ma è alta la percentuale di quelli ai quali sono stati “estorti” i contratti), dopo la scadenza del primo biennio, su cui vengono applicati gli sconti, si è ritrovato a pagare più di prima. Mentre solo i più smanettoni sul web sono riusciti a risparmiare fino al 13%, secondo le elaborazioni di Ref Ricerche.

Che succederà ora ai clienti? In attesa che il governo decida se affossare per sempre lo stop o continuare a far slittare la decisione – una proroga che non piace affatto alle associazioni dei consumatori (“Equivale a mettere la testa sotto la sabbia”, commenta Luigi Gabriele di Codici) – si continueranno a ricevere decine di telefonate aggressive dai call center, così come emerge da un provvedimento dell’Antitrust di prossima pubblicazione che ha aperto un procedimento a carico di Enel – leader del mercato con il 24% di quota; seguono Edison (6,1%) ed Eni (5,5%) – perché dall’inizio dell’anno starebbe facendo passare i propri clienti del tutelato al mercato libero con poca trasparenza e troppa facilità.

Quale strada per aiutare le famiglie a risparmiare in bolletta?

Ridurre la dipendenza dalle fonti fossili e la dipendenza dall’estero, solo così potremo riuscire a invertire la curva della spesa per l’energia delle famiglie. Oggi mettere in campo una strategia per perseguire questo obiettivo è fondamentale, per aiutare le famiglie in una situazione difficile come quella che stiamo vivendo, e oggi è a portata di mano. Per riuscirci occorre cambiare modo di guardare ai temi energetici, perché se si vuole veramente aiutare le famiglie e le imprese occorre premiare gli investimenti in efficienza energetica e sviluppo delle rinnovabili, e fare in modo che il mercato dell’elettricità funzioni veramente, verificando che la concorrenza nell’offerta ci sia veramente e premiando le tecnologie più efficienti. Sono quattro le strategie
La prima cosa da fare è, semplicemente, continuare nello sviluppo delle rinnovabili.

Perché produrre energia rinnovabile da sole, vento, biomasse, acqua, geotermia permette di sostituire importazioni e produzione da fonti fossili. Sicuramente occorre porre attenzione alla crescita del peso in bolletta, in modo da tenere sotto controllo perché non superi il 15-20% in bolletta, mentre in parallelo si deve intervenire sulle diverse voci di costo.
Continuare nella politica di incentivi alle fonti rinnovabili è giusto, per i vantaggi ambientali che generano sostituendo produzioni inquinanti e perché proprio questa spinta ha innescato investimenti in ricerca applicata, che hanno permesso di ridurre progressivamente il costo degli impianti. Inoltre questa scelta conviene per i risultati che stanno contribuendo a determinare in termini di produzione (nel 2011 ha superato il 26% rispetto ai consumi totali) e anche di riduzione del costo dell’energia nella borsa elettrica. In queste settimane stiamo assistendo con sempre maggiore evidenza a un cambiamento impressionante nel sistema elettrico italiano.

Un esempio è quanto avvenuto il 2 e 3 Maggio, quando il prezzo del kWh nella Borsa elettrica nella Zona Sud ha toccato lo zero per diverse ore diurne. Merito della produzione da fonti rinnovabili, e in particolare da solare fotovoltaico, con conseguenze sulla riduzione dei costi che si sono viste anche nel prezzo medio nazionale. Un’altra circostanza significativa si è verificata il lunedì di Pasquetta quando, tra le ore 13 e le 14, il 64% dell’elettricità prodotta in Italia è arrivata dalle rinnovabili. Nello stesso momento in Sicilia le rinnovabili hanno fornito il 94% dell’energia elettrica richiesta. Sono situazioni particolari, che però spazzano via tanti slogan ascoltati in questi anni sulla inutilità e inefficienza delle rinnovabili, e anticipano quanto succederà con sempre maggiore evidenza nei mesi estivi e come stiano già contribuendo a contenere il prezzo dell’elettricità.
E la crescita delle rinnovabili progredisce ogni mese, a marzo 2012 il fotovoltaico ha coperto il 6,4% della domanda elettrica italiana, assieme all’eolico superano il 10%. Secondo Terna per ogni punto percentuale in più di elettricità da rinnovabili il prezzo diminuisce di 2 €/MWh. Insomma se vogliamo ridurre il prezzo della bollette delle famiglie la ricetta è proprio opposta a quella che il Governo ha proposto con i Decreti che fermano lo sviluppo delle rinnovabili elettriche, e passa anche per l’emanazione dei Decreti per le rinnovabili termiche che si attendono da settembre 2011 e che potrebbero aiutare le famiglie rispetto alla spesa (assai rilevante) per il riscaldamento.

Il secondo passo è fare pulizia all’interno delle bollette elettriche

Sono diverse le voci che concorrono a formare il costo in bolletta su cui intervenire se si vuole ridurre la spesa per le famiglie. Un esempio sono i diversi oneri che si pagano nella voce “oneri generali di sistema” per la messa in sicurezza dei siti nucleari, per i regimi tariffari speciali alle Ferrovie, ma anche tutti i sussidi legati alle fonti “assimiliate” e quindi inceneritori e raffinerie. e alle isole. Oppure gli extra costi per le isole minori (la componente UC4) che in realtà ripagano centrali vecchi e inquinanti in regime di monopolio e che, di fatto, impediscono lo sviluppo di impianti da rinnovabili. Ma anche alcune voci di extracosti legati a problemi di rete o di possibili stacchi agli approvvigionamenti, oggi quanto mai improbabili, che si scaricano sulle bollette. Inoltre, se si vuole veramente ridurre il costo legato alle rinnovabili si dovrebbe eliminare la tassazione che pesa su questi impianti, come la Robin Tax e l’Iva dall’incentivazione alle rinnovabili, dal momento che non si tratta di un acquisto di beni o servizi, ma appunto di un meccanismo incentivante, su cui l’imposta di valore aggiunto non dovrebbe essere applicata. E’ stato calcolato da un disegno di Legge che interviene su questi punti, presentato dai Senatori Ferrante e Della Seta, che le famiglie e le imprese pagano circa 4 miliardi per voci che possono essere cancellate o spostate sulla fiscalità generale.

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Il terzo intervento necessario riguarda la garanzia di una vera concorrenza nel mercato elettrico, in modo da controllare e evitare cartelli sui prezzi.
Nelle ultime settimane sta infatti accadendo una anomalia nella borsa elettrica che si può spiegare solo con un accordo tra produttori per far risalire il prezzo nelle ore serali e recuperare i guadagni che il fotovoltaico sta ogni giorno di più erodendo. E’ un dato di fatto, i 13 GW di potenza solare installata stanno facendo sentire fortemente il loro peso soprattutto al picco della domanda elettrica (e del costo alla borsa), ossia dopo le 11 di mattina, producendo energia dal sole a costo zero. La conseguenza è che questo picco nella borsa elettrica non esiste più, perché si è ridotta la domanda di energia da centrali termoelettriche, mentre si sta verificando un clamoroso aumento di sera, verso le 18-20, senza una spiegazione logica. O meglio, una spiegazione ci sarebbe ed è quella per cui i produttori da fonti convenzionali si rifanno dei mancati guadagni, mettendosi d’accordo sugli aumenti. E’ un fatto che i produttori da centrali convenzionali, e in particolare quelle a gas a ciclo combinato, stiano attraversando una situazione economica molto difficile perché tra la stasi dei consumi e la concorrenza delle rinnovabili il parco centrali italiani è incredibilmente sovradimensionato (con 78mila MW installati di centrali termoelettriche e 42mila MW da fonti rinnovabili a fronte di una domanda a che non ha mai superato i 57mila MW), e molte delle centrali a gas più nuove e efficienti lavorano per 2.500 ore medie all’anno invece delle 4-5mila previste per ripagare gli investimenti. Ma non si può accettare che per questi problemi delle aziende a pagare siano i consumatori. Occorre vigilare da parte degli Enti preposti su queste situazioni, e intervenire per garantire che la concorrenza contribuisca a ridurre i prezzi. In parallelo, si deve avere il coraggio di premiare le centrali convenzionali più efficienti in termini energetici e di emissioni di CO2 (ossia quelle a Gas, dove si potrebbe lavorare anche sulla riduzione del prezzo della materia prima differenziando gli approvvigionamenti) perché è in questa direzione che si muovono le Direttive europee ed è qui che si possono ritrovare gli interessi generali alla tutela del clima, quelli dei cittadini e delle imprese più virtuose.

Infine, premiare i risparmi realizzati da aziende e famiglie.

Un Paese come l’Italia ha tutto l’interesse a ridurre i propri consumi energetici, per questo occorre introdurre una politica, come avviene in Germania, che premia con sconti in bolletta coloro che riducono i consumi elettrici. La direzione quella di premiare i comportamenti virtuosi, come i consumi fuori dalle ore di picco, e soprattutto gli investimenti in efficienza energetica. Con l’aumento dell’efficienza degli impianti da fonti rinnovabili e la riduzione dei costi degli impianti, la prospettiva da ricercare è quella di realizzare soluzioni innovative, che tengano assieme lo sviluppo di reti elettriche private (oggi vietate) come smart grid, tecnologie rinnovabili e di stoccaggio dell’energia. Sono soluzioni oggi possibili da un punto di vista tecnologico e che, con l’attuale costo dell’energia elettrica per le famiglie (oltre 19 centesimi di Euro per kW/ora), possono permettere di ripagare gli investimenti anche senza incentivi in molte aree del Paese. Ma per riuscirci occorre avere il coraggio di intraprendere questa strada da parte di Governo e Authority per l’energia, togliendo i limiti per lo scambio sul posto (come invece i Decreti di Passera impongono sopra i 250kW) e stabilendo regole per gli investimenti nelle smart grid private, in modo da avere un unico punto di scambio con la rete per diverse utenze elettriche. E’ importante guardare in questa direzione perché il futuro scenario energetico dipenderà dalla capacità di offrire a famiglie e imprese la possibilità di diventare “autosufficienti” attraverso un mix di tecnologie rinnovabili e efficienti, insieme a quelli legati alla possibilità di vendita diretta dell’energia alle famiglie e alle imprese.

Essere consumatori oggi
Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una continua evoluzione di quella che consideriamo la vita di ogni giorno, tanto che specialmente nei Paesi occidentali sarebbe oggi impensabile proporre uno stile di vita che non riconosca un ruolo centrale al consumo. Quasi tutti i prodotti “vita- 6 li” per la nostra sopravvivenza devono essere acquistati – ma non dappertutto: in ampie zone della terra ci si ciba di quanto si è in grado di coltivare e si vive di quanto si riesce a produrre.

Noi, figli del benessere, consumiamo però dalla mattina alla sera. Guardiamoci attorno: quasi tutto ciò che tocchiamo nel corso della giornata è stato acquistato. I mezzi di scambio necessari ad effettuare questi continui acquisti di beni e servizi, vale a dire il nostro reddito, deriva dalla vendita della nostra forza lavoro, delle nostre capacità e conoscenze. Ma per soddisfare i nostri bisogni con i beni di consumo dobbiamo investire altro tempo ed energia. Questo investimento (lavoro domestico) viene perlopiù considerato un peso e comunque di scarso valore,
dato che non può essere quantificato in moneta. Tuttavia dovrebbe esserci chiaro che l’entità di questo impegno equivale perlomeno – se addirittura non lo supera – a quello del lavoro retribuito. La cosiddetta “privatizzazione” o “deregulation” delle prestazioni offerte dagli enti pubblici (ad esempio per l’assistenza agli anziani, ai malati, ai bambini, per il doposcuola, il riciclaggio ed altro ancora) comporterà un ulteriore aumento di questo impegno.

La tutela del consumatore nell’Unione Europea
La tutela giuridica del consumatore – intendendo con ciò primariamente l’acquirente di beni ed il fruitore di servizi – ha assunto particolare importanza nei Paesi industrializzati del mondo occidentale a partire dagli anni Cinquanta. Vari aspetti di questa tutela interessano in particolare la prevenzione sul piano sanitario e la sicurezza della popolazione.
Nell’ambito dell’Unione Europea la tutela del consumatore trova una regolamentazione all’interno del Trattato costitutivo della Comunità Economica Europea. Ai sensi degli obiettivi e dei compiti citati in tale documento, la Comunità Europea ha sancito il proprio impegno per un miglioramento generale delle condizioni di tutela del consumatore (Art. 3 del Trattato CE).
A tal fine la Comunità Europea si è mossa prima di tutto per garantire che nella definizione e nella realizzazione delle altre politiche comunitarie si tenesse sempre conto delle esigenze di tutela dei consumatori: questa clausola “trasversale” ha lo scopo di garantire che i diritti dei consumatori vengano ampiamente rispettati.

La Comunità Europea allora, e l’Unione Europea oggi, può in particolare adottare misure atte a sostenere, integrare e controllare le politiche svolte dagli Stati membri (Art. 153, comma 3 del Trattato costitutivo). Tali provvedimenti devono puntare al raggiungimento dei seguenti obiettivi: promozione degli interessi dei consumatori e garanzia di un elevato livello di rispetto degli standard di tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori, nonché promozione del loro diritto all’informazione, all’educazione e alla costituzione di associazioni in grado di rappresentare i loro interessi (Art. 153, comma 1). Qualsiasi provvedimento emanato a livello europeo deve contenere solo delle prescrizioni di rispetto minimo, nel senso che i singoli Stati membri possono poi adottare misure più rigorose o mantenere la propria legislazione più restrittiva (Art. 153, comma 5).

Inoltre, la Comunità Europea ha la facoltà di adottare misure per armonizzare le disposizioni legislative e regolamentari dei Paesi membri con l’obiettivo di concretizzare sempre più la realizzazione di un mercato interno europeo (Art. 95), specialmente in riferimento alle finalità cui tende la politica europea dei consumatori (Art. 153, comma 3). Le misure da intraprendere in ambito comunitario devono essere informate ad un elevato livello di tutela e garanzia e tenere in debita considerazione i nuovi sviluppi fondati sui risultati acquisiti in ambito scientifico.
La Comunità Europea può poi incidere a tutela dei consumatori anche in altri campi dell’azione politica, sfruttando apposite deleghe ancorate nelle discipline di tali altri settori: un esempio è dato dalla politica agricola comunitaria, che nella regolamentazione dei requisiti richiesti per la produzione e la commercializzazione di prodotti agricoli contiene precise disposizioni atte ad assicurare la tutela della salute e degli interessi del consumatore (Art. 37 Trattato costitutivo).
Infine, la Comunità Europea può basare la propria azione nell’ambito della tutela del consumatore anche sulla clausola del Trattato che prevede la necessità e l’opportunità di colmare eventuali lacune giuridiche (Art. 308). In base a questa clausola, l’azione del legislatore deve essere finalizzata alla realizzazione di uno degli obiettivi comunitari, anche se nel Trattato istitutivo non sono previsti idonei fondamenti giuridici.

Le possibilità e gli strumenti offerti nel complesso alla politica del consumatore sulla base dei fondamenti giuridici comunitari sono dunque piuttosto articolati; tuttavia non mancano limitazioni anche importanti, dettate dall’esigenza di doversi rapportare in sostanza ad aspetti legati alle dinamiche del Mercato Unico. Anche se la Comunità Europea può adottare misure di politica dei consumatori, la competenza primaria rimane agli Stati membri. La politica comunitaria non può infatti sostituirsi alle politiche interne degli Stati membri, limitandosi semmai sostanzialmente a sostenerle e a integrarle. La strategia perseguita dalla politica del consumatore nell’Unione Europea per il periodo 2002 – 2006 mira essenzialmente alla realizzazione di tre finalità: la prima è data dal consolidamento di un uniforme e il più possibile elevato livello di tutela consumeristica, la seconda dall’effettiva affermazione delle disposizioni emanate a tutela degli interessi dei consumatori, la terza da un soddisfacente coinvolgimento delle rappresentanze dei consumatori nella relativa politica perseguita dall’Unione (Gazzetta Ufficiale UE 2003 C 11, 1).
Le disposizioni giuridiche e tecniche sinora adottate dalla Comunità Europea nell’ambito della tutela del consumatore sono perlopiù contenute in Direttive indirizzate agli Stati membri, che sono quindi tenuti a recepirle all’interno del proprio ordinamento.

Calcoliamo i costi della bollette di energia elettrica, gas, acqua e teleriscaldamento in due modi. Tutte le volte che è possibile partiamo dai dati reali dei suoi consumi, altrimenti facciamo delle stime. Per energia elettrica, gas, e acqua l’autorità competente ci indica come fare.
Possiamo partire dai dati reali dei suoi consumi quando lei ce li comunica con l’autolettura, o quando un nostro incaricato legge il contatore.
Nella maggior parte dei casi i nostri incaricati passano due volte all’anno a leggere i contatori. Se i contatori sono nella sua abitazione, i nostri incaricati devono poter entrare in casa sua. Se non la trovano in casa al primo tentativo tornano almeno un’altra volta. Se ancora non la trovano in casa le lasciano una cartolina che le spiega come fare l’autolettura.
Se non riusciamo a leggere il contatore e se lei non ci comunica i dati con l’autolettura dobbiamo fare una stima.

Che cos’è una stima

La stima è la previsione dei suoi consumi che facciamo tra una lettura del contatore e l’altra. Si basa sui suoi consumi degli anni precedenti.
Se i suoi consumi cambiano rispetto agli anni precedenti le nostre stime diventano imprecise. E può capitare che lei paghi in bolletta più o meno di quello che ha effettivamente consumato.
Vuole che i nostri calcoli della sua spesa partano sempre da quello che lei consuma? Faccia l’autolettura. Le diciamo come fare a pagina 10.
Conguagli e compensazioni, come funzionano
Se le stime che abbiamo fatto non corrispondono a quello che lei ha consumato dobbiamo fare un conguaglio.
Se lei ha pagato meno di quanto ha consumato trova la differenza da pagare nella bolletta che riceve dopo la sua autolettura. 0 dopo che abbiamo letto il suo contatore.

Se lei ha pagato più di quello che ha consumato e se non ha debiti con Hera, le inviamo un assegno con l’importo che le dobbiamo restituire. Se l’importo è inferiore ai 3 € lo sottraiamo dalla bolletta successiva.
Se lei invece ha debiti con Hera dobbiamo fare una compensazione tra quello che lei deve a noi e quello che noi dobbiamo a lei:
• Nella bolletta successiva le viene indicato che l’importo totale non è né da pagare né da incassare
• Le inviamo per posta un nuovo calcolo dell’importo, che mette a confronto i suoi debiti e i soldi che le dobbiamo restituire
• Se il calcolo dice che le dobbiamo dei soldi le inviamo un assegno. Se dice che lei ci deve ancora dei soldi per “andare in pari”, le inviamo un bollettino postale già pronto con il nuovo importo.
Che cos’è il coefficiente C
Deve sapere che pressione e temperatura influiscono sul volume del gas. I contatori del gas sono impostati per riconoscere un metro cubo di gas chiamato Smc: standard metro cubo. Lo standard metro cubo è un metro cubo di gas misurato alla pressione atmosferica standard e alla temperatura di 15°.
Al cambiamento della pressione e della temperatura però cambia anche il volume del gas. Così il contatore di una casa in montagna tende a misurare un volume un po’ più grande di quello standard e il contatore di una casa al mare a misurare un volume un po’più piccolo.
Per mettere a posto le cose e far pagare a tutti il gas allo stesso modo l’Autorità per l’energia ha stabilito un coefficiente C.
Il coefficiente C si applica in bolletta ai metri cubi di gas conteggiati dal suo contatore. Il coefficiente C varia da comune a comune, secondo l’altitudine e il clima.



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