Frode alimentare su passata di pomodoro con data di scadenza allungata



Questo articolo in breve

In Italia aumentano a dismisura le fallimentari, si passa dalle più semplici a quelle molto raffinate, a volte a mettere in atto delle semplici truffe sono i grandi marchi nazionali, che nonostante il rischio di perdere credibilità e visibilità cadono in queste bassezze. L’ultimo episodio in ordine di tempo scoperto dalle forze dell’ordine è tanto semplice quanto inquietante: lo slittamento arbitrario della scadenza di una ingente partita di passata di pomodoro. Il titolare di un’azienda campana – nell’ambito della cosiddetta truffa della scadenza – avrebbe quindi modificato la data di produzione e quella entro cui consumare oltre 200 tonnellate di prodotto con l’obiettivo di piazzarla sul mercato per un giro d’affari di circa 200.000 euro. E lo avrebbe fatto applicando semplicemente nuove etichette. Nei suoi confronti è scattata la denuncia per frode.



Denunciato per tentata frode nell’esercizio del commercio il titolare di un’azienda conserviera dell’Agro Nocerino-Sarnese. L’imprenditore, secondo i carabinieri del reparto Tutela Agroalimentare di Salerno che hanno operato in collaborazione con il personale del Noe, al fine di commercializzare un’ingente partita di passata di pomodoro semilavorata già scaduta e stoccata in 935 fusti metallici, ne “allungava la vita” apponendo adesivi recanti diverse date di produzione del medesimo lotto e scadenza al mese di settembre 2019. Sono state, pertanto, sequestrate 206 tonnellate di prodotto per un valore di circa 200mila euro, impedendo di fatto l’immissione in commercio di merce con possibili profili di rischio per la salute pubblica.L’imprenditore è stato denunciato alla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore (Salerno).

La contraffazione alimentare può essere di due tipi:  Falsificazione, adulterazione o sofisticazione dell’alimento. Si tratta della creazione di un alimento composto da sostanze diverse per qualità o quantità da quelle che normalmente concorrono a formarlo (si pensi ai surrogati), o modificato attraverso la sostituzione, la sottrazione, l’addizione di elementi che normalmente lo compongono. L’art. 5 L. 283/1962 vieta di impiegare nella preparazione o distribuire per il consumo sostanze alimentari mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale: sono vietate adulterazioni e variazioni compositive degli alimenti.

Falsificazione del marchio o dell’indicazione di provenienza geografica o della denominazione di origine. Si tratta dell’apposizione di un dato falso sull’alimento o sulla sua confezione, ovvero dell’abusiva riproduzione del brevetto secondo il quale l’alimento stesso è prodotto. Questo tipo di contraffazione risulta maggiormente diffuso all’estero e ha comportato lo sviluppo del mercato imitativo dell’Italian Sounding, un fenomeno che consiste nell’utilizzo di etichette o altri simboli o colori o figure sull’imballaggio che evochino l’italianità dei luoghi d’origine della materia prima, della ricetta, del marchio o del processo di trasformazione di prodotti fabbricati in realtà all’estero. I prodotti recano nomi di marchi che suonano italiani, ma in realtà sono stati realizzati all’estero. I Paesi che “falsificano” maggiormente sono gli USA, l’America Latina e l’Australia. Il valore dell’esportazione dei prodotti alimentari italiani originali nel 2011 è stato di circa 23 mld di euro (più 10%). La contraffazione di prodotti alimentari italiani erode il fatturato delle imprese esportatrici di circa 6 mld di euro ogni anno, con un’incidenza del 25% sul export compressivo del comparto a fine 2011( 23 mld di euro). L’attività di contraffazione dei prodotti alimenari italiani, unitamente al fenomeno del Italian Sounding hanno un giro d’affari mondiale valutato attorno ai 60 mld di euro, una cifra che corrisponde poco meno della metà del fatturato dei prodotti originali.

Per poter ottenere tali denominazioni, un prodotto deve essere conforme a un disciplinare. Una denominazione d’origine o un’indicazione geografica vengono registrate a seguito di un iter procedurale complesso che prevede la presentazione della domanda da parte di un’associazione ai competenti organi dello Stato in cui è situata la zona geografica interessata. Lo Stato deve ritenere che tutti i requisiti richiesti dal disciplinare siano soddisfatti e, in tal caso, comunicare la domanda e tutta la documentazione correlata alla Commissione europea; questa verifica a sua volta la sussistenza dei requisiti e, in caso positivo, procede alla registrazione mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. Già il D.Lgs. 297/2004 prevedeva sanzioni amministrative pecuniarie per condotte di contraffazione e di usurpazione di DOP o di IGP regolarmente registrate, di uso di indicazioni false o ingannevoli sulla provenienza, origine, natura e qualità essenziali dei prodotti alimentari, per i produttori: la sanzione amministrativa pecuniaria prevista era di 50.000 euro.

La successiva L. 99/2009, all’art. 15 ha apportato modifiche agli articoli 473, 474, 517 del CP e ha introdotto i nuovi articoli 474-bis, 474-ter, 474-quater, 517-ter, 517-quater e 517- quinquies: nello specifico il nuovo art. 517-quater prevede l’introduzione del delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, punito con la reclusione fino a 2 anni e con la multa fino a 20.000 euro. I principali illeciti accertati nel caso dei prodotti alimentari DOP/IGP hanno riguardato l’utilizzo indebito della denominazione protetta per designare prodotti generici, irregolarità nel sistema di etichettatura, l’impiego di additivi non consentiti (formaggi) o la miscelazione di oli DOP con di olio di semi.

I danni della contraffazione alimentare La contraffazione alimentare genera danni economici al consumatore, alle imprese, allo Stato, ma anche alla salute pubblica, dal momento che possono essere distribuiti alimenti che contengono sostanze nocive. Infatti, nel caso di frode sull’origine e la provenienza di un alimento, quest’ultimo può non essere necessariamente tossico, mentre in caso di frode sulle qualità dell’alimento e di contraffazione delle sostanze che concorrono a formarlo, i consumatori si trovano davanti a sostanze potenzialmente nocive. Il prodotto alimentare contraffatto: ■ è realizzato senza rispettare standard di sicurezza, qualità ed efficacia; ■ può utilizzare ingredienti corretti, ma di provenienza ignota; ■ taluni ingredienti importanti possono essere assenti, o possono essere sostituiti con ingredienti meno costosi. Il prodotto alimentare contraffatto può essere gravemente nocivo per la salute. Un prodotto contraffatto è di qualità e costo inferiore di almeno un terzo rispetto all’originale. Taluni produttori, ad esempio, hanno realizzato mozzarelle di bufala prodotte con latte in polvere proveniente dalla Bolivia, rigenerato e corretto con siero unito al latte casertano. Questo perché il latte boliviano costa 50 cent/kg. La distribuzione dei prodotti contraffatti avviene per lo più attraverso due canali alternativi: il circuito clandestino ed il circuito commerciale abituale ■ Circuito clandestino: si organizza, per definizione, al di fuori del mercato regolare, ossia per strada, nei mercati pubblici, per corrispondenza, su internet. ■ Circuito commerciale: si tratta del mercato di canali di vendita dei prodotti originali, dove spesso i prodotti falsi contraffatti vengono posti accanto a quelli genuini. In questo canale i rischi per i consumatori sono maggiori, in quanto proprio il fatto che si tratta di canali ufficiali di vendita rappresenta per questi ultimi un indice di affidabilità sull’originalità del prodotto. Tramite questo canale vengono messi in vendita soprattutto prodotti recanti marchi o segni distintivi contraffatti (Italian Sounding). La legge vieta di adulterare o corrompere acque o sostanze destinate all’alimentazione rendendole pericolose per la salute pubblica e di contraffare, in modo pericoloso per la salute pubblica, sostanze alimentari destinate al commercio. Tale delitto è previsto dall’art. 440 CP ed è punito con: ■ la reclusione da tre a dieci anni; le seguenti pene accessorie: ■ pubblicazione della sentenza di condanna su uno o più quotidiani a diffusione nazionale; ■ interdizione da cinque a dieci anni dalla professione, industria, commercio o mestiere nel cui ambito è stato commesso il delitto vale a dire il divieto di esercitare tale professione, industria, attività commerciale, mestiere. Tali condotte (adulterazione o corruzione di sostanze) vengono punite come contraffazione alimentare a danno della salute pubblica, se commesse prima che gli alimenti vengano distribuiti per il consumo; mentre una volta entrati in commercio scattano in aggiunta anche le incriminazioni per reati contro la persona, quali lesioni personali e omicidio. Dato che per “alimenti” si intendono sostanze direttamente commestibili, o atte a diventare tali mediante i processi di preparazione (cottura, stagionatura, messa a conserva, ecc.), sono sostanze destinate all’alimentazione anche gli animali da allevamento destinati al consumo alimentare, una volta macellati.

La cucina ed i cibi italiani rappresentano nel mondo un modello alimentare, espressione di una cultura che valorizza la qualità e la salubrità degli alimenti ed il loro legame alla terra di origine. Le attività fraudolente in campo alimentare non solo costituiscono, perciò, un rischio per la salute, ma danneggiano anche la nostra identità culturale e la nostra immagine all’estero. I comportamenti fraudolenti fanno parte della storia ed hanno da sempre interessato il settore alimentare, dove le frodi possono assumere carattere commerciale e sanitario. Precisato che la frode alimentare si esplicita nella produzione e commercializzazione di prodotti non conformi alle normative vigenti, le frodi commerciali (art. 515 del Codice Penale) producono danni economici al consumatore, che acquista inconsapevolmente alimenti di valore commerciale inferiore a quello reale, mentre le frodi sanitarie (artt. 439, 440-442 e 444 del Codice Penale) costituiscono una minaccia per la salute, in quanto gli alimenti commercializzati possono contenere prodotti di degradazione, sostanze chimiche esogene o contaminanti microbici potenzialmente dannosi.

Nella maggior parte dei casi è difficile tracciare un confine netto tra i due tipi di frode, in quanto spesso sono coesistenti ed in genere determinate dall’illecita finalità del produttore di abbassare i costi di produzione ed aumentare il proprio margine di guadagno. Il fenomeno delle frodi alimentari è estremamente rilevante ed in netta crescita, tanto che il Ministero della Salute ha messo a punto un Piano Nazionale Integrato, finalizzato ad orientare i controlli ufficiali per la sicurezza alimentare e per la lotta alle frodi lungo l’intera filiera produttiva, prevedendo la pubblicazione di una relazione annuale sulle attività di controllo in materia di alimenti e bevande, ambiente, mangimi, sanità e benessere animale e delle piante, effettuate da tutte le amministrazioni competenti per i diversi settori.

Nelle frodi commerciali non vi sono alterazioni della qualità dell’alimento che lo rendano nocivo, ma si realizza un profitto illecito a danno del consumatore. Per configurare una frode in commercio è sufficiente la differenza sull’origine del prodotto o sulla provenienza, sul sistema di preparazione o sulla quantità, come avviene, ad esempio, se non si sottrae la tara dal peso di ciò che si sta vendendo. Nelle frodi cosiddette sanitarie, in base alla peculiare fattispecie di frode, si può parlare di adulterazione quando si modifica l’alimento, sostituendo elementi che gli sono propri con altri estranei (ad esempio, miscelando olio di semi con olio d’oliva); la sofisticazione prevede, invece, l’aggiunta all’alimento di sostanze estranee, con lo scopo di migliorarne l’aspetto o di coprirne difetti e di simularne la genuinità, come avviene con l’aggiunta di coloranti o sbiancanti (biossido di titanio, perossido di benzoile) alla mozzarella per renderla più bianca; la contraffazione consiste nella sostituzione dell’alimento con un altro meno pregiato con caratteristiche affini (ad esempio lo scambio di un prosciutto DOP con un prosciutto non DOP, falsificando il timbro); infine, per alterazione si intende la modifica delle caratteristiche chimiche ed organolettiche di un alimento dovuta, ad esempio, a processi degenerativi da errate modalità di conservazione, come accade quando si varia la data di scadenza su un’etichetta, oppure si risanano dei prodotti ammuffiti o deteriorati, mettendoli in vendita come freschi. Esistono, infine, le falsificazioni, con le quali un prodotto viene addirittura sostituito con un altro, come nel classico esempio della margarina al posto del burro. Il reato di frode si configura nel momento stesso in cui il prodotto è posto in commercio o in distribuzione, anche se non è stato ancora venduto.

I prodotti contraffatti più frequentemente sono formaggi e vini, ma anche le carni rosse vengono spesso sottoposte a processi di stabilizzazione del colore attraverso sostanze conservanti antimicrobiche, antienzimatiche ed antiossidanti (niacina, ascorbati, solfiti, nitriti, monossido di carbonio, ecc.), che contrastano i fenomeni di imbrunimento da ossidazione dell’emoglobina. Alcune di queste sostanze, utilizzate nell’industria alimentare, ma magari aggiunte in quantità superiori ai limiti consentiti dalla legge, possono provocare fenomeni di ipersensibilizzazione o nascondere segni di proliferazione microbica. Un altro alimento particolarmente deperibile, il pesce, viene sottoposto a processi di conservazione, quali il congelamento, al fine di allungarne la vita commerciale. Il processo di scongelamento determina, però, la perdita parziale di alcuni elementi nutritivi e altera le caratteristiche organolettiche, che risultano inferiori rispetto al prodotto fresco, per cui la frode alimentare si configura vendendo il pesce congelato come fresco. Tenendo conto di tutto ciò, appare evidente l’importanza di controlli costanti da parte delle autorità competenti, sia all’atto dell’immissione in commercio degli alimenti sia al momento della vendita vera e propria, in modo da salvaguardare la salute e gli interessi economici dei consumatori. La normativa europea sulla sicurezza nell’ambito della filiera alimentare, che prevede la “tracciabilità” degli alimenti, la divulgazione delle informazioni, l’intensificazione delle ispezioni e delle procedure sanzionatorie, rappresenta uno strumento indispensabile per la tutela dei cittadini. Anche il consumatore, per parte sua, può però porre attenzione ad acquistare prodotti al giusto prezzo, dotati di etichette chiare e complete di informazioni, prediligendo quelli la cui genuinità è attestata dai marchi di qualità previsti dall’Unione Europea (DOP, IGP, STG e Biologico), avendo cura di controllare le date di scadenza, di accertarsi che imballaggi e confezioni siano integri e che i luoghi di vendita posseggano le caratteristiche di pulizia e salubrità.

Le frodi alimentari sono una piaga sociale, il frutto dell’imperante egoismo umano di potersi arricchire a danno del prossimo. Questo crimine odioso colpisce con l’inganno le categorie più deboli dei consumatori e perciò deve essere combattuto con decisione e coraggio da parte di tutti gli organi ispettivi locali e nazionali. Le frodi alimentari sono vecchie come il mondo, Plinio il Vecchio (23-79 d.c.) descrisse nelle sue opere la sofisticazione delle farine con grani meno pregiati, nonché delle spezie. Nel Medioevo la frode più comune era quella di utilizzare per la produzione del pane farine mescolate con granaglie ammuffite. Questo crimine con il passare del tempo e con l’utilizzo del progresso tecnologico si è enormemente incrementato soprattutto nei periodi di crisi economiche e durante i conflitti bellici. In Italia invece il fenomeno delle frodi alimentari ebbe il suo apice nel periodo del cosiddetto “Boom economico”, tra gli anni ’50 e ’60; periodo che permise all’Italia di entrare nel club dei paesi più industrializzati al mondo. Un miglioramento del tenore di vita degli italiani che provocò anche nuove abitudini alimentari degli italiani, prima degli anni ’50, infatti, metà del reddito di una famiglia era utilizzata per la spesa alimentare.

Nel passato la dieta media dell’italiano era costituita da pasti semplici, il consumo di carne e di dolciumi era confinato ad eventi eccezionali come feste e matrimoni, solo i ricchi si potevano permettere il consumo di carne e di altre prelibatezze che diventavano anche simbolo di opulenza e del suo status sociale. Nel primo dopoguerra l’industria agroalimentare grazie anche all’applicazione di nuovi macchinari e del know-how americani riuscì a produrre nuovi prodotti a largo consumo e a basso costo, una miriade di prodotti come merendine per l’infanzia, patatine, crackers, margarina, bibite e gelati, carne in scatola, dadi per il brodo ecc. . La chimica diede un grande contributo all’industria alimentare ad esempio venne utilizzato in modo massiccio il glutammato monosodico come esaltatore di sapidità addizionandolo ad altri aromi per migliorare il sapore e rendere appetibile carne e vegetali di scarsa qualità, oppure l’utilizzo di coloranti per coprire il colore imbrunente di alcuni cibi o l’utilizzo di solfiti per rendere la carne di un bel colore rosso permettendo anche di allungare i tempi di conservazione. L’utilizzo di processi chimici industriali quali l’“esterificazione” consentiva di ottenere olio da glicerina e acidi grassi.

Al fine di soddisfare il fabbisogno esponenziale di carne da parte dei consumatori agli animali vengono somministrati ormoni e antibiotici per farli crescere sempre più rapidamente. Un ruolo decisivo per il cambio dell’alimentazione degli italiani lo ebbe la radio e la televisione; ricordiamo il “carosello” che permise di entrare in ogni famiglia e reclamizzare questi nuovi prodotti, inoltre l’utilizzo dei primi frigoriferi permise di conservare gli alimenti freschi per più giorni. La crescita della domanda avvenne, però, senza il rispetto dei requisiti igienico-sanitari e nutrizionali. La prima inchiesta giornalistica che portò alla cronaca il fenomeno diffuso delle frodi alimentari fu quella del settimanale L’Espresso . Nell’articolo si citavano le indagini delle prime associazioni di consumatori che denunciavano l’olio di oliva prodotto con gli scarti ossei dei macelli (anche degli asini) al quale venivano aggiunti sottoprodotti degli idrocarburi, attraverso un processo di esterificazione. La denuncia dell’Espresso fece molto scalpore nell’opinione pubblica del l’epoca e portò alla ribalta, per la prima volta, il problema delle frodi nel campo alimentare.1 Queste frodi dimostrarono la debolezza del controllo pubblico in Italia dovuto alla mancanza di una normativa adeguata ai tempi e che risaliva ai primi anni del Novecento. I Laboratori Provinciali di Igiene e Profilassi non disponevano di metodiche d’analisi tali da consentire di scoprire le nuove frodi alimentari; inoltre il personale ispettivo impiegato nel campo della vigilanza, ossia i Vigili Sanitari Comunali e Provinciali, era numericamente carente sull’intero territorio nazionale e contava solo un migliaio di persone.

A seguito di questo scandalo il Ministro della Salute on. Luigi Mariotti decise di intensificare i controlli e i campionamenti dei generi alimentari, dando così un grosso impulso ai controlli. Al fine di rafforzare i controlli il 15 Ottobre 1962 vennero istituiti i Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dell’Arma dei Carabinieri. I frutti non tardarono ad arrivare: durante il quadriennio 1959 – 1963 i Laboratori Provinciali di Igiene e Profilassi esaminarono ben 2 milioni di campioni di sostanze alimentari, in grande maggioranza prelevati dai Vigili Sanitari Provinciali. La media annua si aggirava su 424.000 campioni, di cui l’11% con giudizi sfavorevoli. I dati dimostrano il notevole lavoro e l’impegno dei Vigili Sanitari nel contrastare le frodi alimentari durante gli anni ‘60. Per il lavoro svolto nell’opera di contrasto alle frodi alimentari, nel 1966 la categoria dei Vigili Sanitari fu insignita dal Presidente della Repubblica on. Giuseppe Saragat della medaglia d’oro al Merito della Sanità. Un ulteriore e decisivo passo fu compiuto con l’emanazione della Legge n.283 del 1962 “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”. La cui applicazione contribuì a migliorare la situazione igienico sanitaria delle produzioni alimentari e a tutt’oggi è considerata un fondamento della legislazione alimentare, anche se in parte superata dai nuovi regolamenti comunitari.

Tuttavia, nonostante l’importanza di tale normativa, riconosciuta a livello europeo come una delle migliori, trascorsero ben venti anni prima che fosse emanato il suo regolamento di attuazione: il DPR 327/1980. Le ragioni di tale ritardo furono, quasi esclusivamente, di ordine politico ed economico, in quanto tale legge imponeva alle aziende alimentari numerosi obblighi sia di ordine tecnico che strutturale. Fino al 1978, in Italia, la vigilanza sugli alimenti era espletata dai Medici e Veterinari Provinciali e Comunali i quali, coadiuvati dai Vigili Sanitari, dipendevano direttamente dal Ministero della Salute. Con l’istituzione del Sistema Sanitario Nazionale ad opera della Legge n. 833/78 si procede allo smantellamento degli organismi sopra citati, mentre funzioni e personale sono trasferite alle USL, che dipendevano dagli enti locali. Questo comportò grosse difficoltà organizzative per i nuovi Servizi di Prevenzione delle USL che si dovevano occupare di tutti gli ambiti della prevenzione (ambientale, medicina del lavoro, veterinaria, igiene pubblica e alimenti) con poche risorse a disposizione, mancato adeguamento normativo e con un politico che influenzava le attività, in quanto componente importante all’interno dei Comitati di Gestione. Nonostante queste difficoltà numerosi furono gli interventi effettuati dal personale di vigilanza nel corso dei primi anni ’80, ma le criticità organizzative dei servizi comportò un allentamento dei controlli e una recrudescenza delle frodi. Ma un ulteriore scandalo doveva svegliare il Paese: nel 1986 alcune aziende vitivinicole fecero ricorso al metanolo come metodo truffaldino per alzare la gradazione alcolica di vini di scarsa qualità, causando la morte di 19 persone e la cecità di altre 15.

Lo scandalo mostrò la scarsa efficacia dei controlli ufficiali effettuati sugli alimenti in relazione al nuovo assetto dei Servizi Ispettivi delle USL. I dati sono eloquenti: dai 450 mila controlli ed ispezioni effettuate solo nel 1979 dagli Uffici dei Medici Provinciali ai circa 80 mila eseguiti nel periodo 1980-1985 dalle USL Nazionali). Lo scandalo sconvolse la nazione, i politici dell’epoca addossarono la responsabilità all’allora Ministro della Sanità, Costante Degan, per gli omessi controlli. Questa seconda emergenza nel settore alimentare portò all’emanazione di alcune normative atte a contrastare le frodi alimentari; in particolare, il Decreto Legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito nella Legge 7 agosto 1986, n. 462, concernente le misure urgenti in materia di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari, oltre a disporre una serie di misure di controllo a tutela della salute pubblica che rafforzano la normativa già esistente, istituisce presso il Ministero della Salute “l’elenco pubblico delle ditte commerciali e dei produttori che abbiano riportato condanne con sentenza passata in giudicato per reati di frode e di sofisticazione alimentare”. Come accadde negli anni ‘60, a seguito del clamore suscitato ci fu una maggiore sensibilizzazione nell’opinione pubblica e dei politici circa le problematiche riguardanti la sicurezza alimentare, s’inizio quindi a riorganizzare meglio i servizi ispettivi a livello locale (USL) e a potenziare il controllo attraverso i Nuclei antisofisticazione dei Carabinieri su tutto il territorio nazionale. Attualmente anche grazie all’applicazione della nuova normativa comunitaria sulla sicurezza alimentare, le Autorità Competenti (Ministero della Sanità, Regioni e ASL) sono impegnate a un maggiore contrasto alle frodi alimentari sia a livello locale che nazionale, ma intanto le sofisticazioni sono diventate più insidiose e difficili da individuare, mentre è in aumento l’industria del falso e dell’agro pirateria a scapito dei nostri prodotti tipici. In definitiva le frodi degli anni ’60 – ’70 furono la conseguenza di un progresso in parte distorto che si inserisce in un quadro di radicali cambiamenti della società e dei costumi. A tutto ciò le istituzioni seppero reagire, ma solo con ritardo e come purtroppo spesso avviene nel nostro Paese solo sull’onda dello scandalo.



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