Paolo Bonolis, chi è la zia Adele proclamata Venerabile da Papa Francesco



La notizia ha dell’incredibile. Paolo Bonolis, sapiente incantatore del pubblico televisivo con quella parlantina sciolta, l’italiano colto e l’uso perfetto dei congiuntivi, è rimasto senza parole. È successo il 21 gennaio.



Quel giorno a ipnotizzarlo di stupore e felicità è stato Papa Francesco che ha dichiarato Venerabile la sua prozia Adele Bonolis. Venerabile è il titolo che la Chiesa cattolica riserva a chi nel corso della sua vita abbia fatto pratica eroica della virtù, rendendosi degno di essere venerato dai fedeli.

Il passo successivo può essere la beatificazione, alla quale segue la proclamazione di santità, se si dimostra che la persona in questione abbia compiuto un miracolo. «Serve un miracolo, come un coniglio bianco che salti fuori all’improvviso? Auguro alla zia di farlo. Per me il miracolo è già nelle sue opere», ha commentato Paolo. Il viaggio verso la santità di Adele Bonolis, scomparsa nel 1980 a 71 anni, è cominciato da bambina. «Avevo solo otto anni. Ero andata incontro a mio padre con un ombrello perché pioveva.

All’angolo di una strada c’era una prostituta sotto l’acqua. Avvicinandomi a lei e sorpassandola mi sono voltata. Mio padre mi diede un sonoro ceffone e mi avvertì: “Queste donne non si guardano”», ha raccontato la stessa Adele. Lei, crescendo, per quelle donne ha fatto molto di più. Nel 1950 istituì la Casa di orientamento femminile, come risposta al bisogno di accoglienza di ex prostitute dopo l’abolizione, con la legge Merlin, delle case chiuse in cui esercitavano legalmente la professione.

Ha sede a Montano Lucino, in provincia di Como, e ora si occupa del reinserimento di donne in difficoltà, straniere e italiane, che hanno subìto violenza domestica o vivono gravi disagi sociali e familiari. Nel 1953 creò la Casa di orientamento dimesse istituti correzionali, attualmente attiva a Nibione di Cibronno (Lecco): dispone di 38 posti e si occupa di donne svantaggiate per ragioni di ordine psichico, fisico, sociale, economico e familiare.

Un anno dopo aprì Villa Salus Madonna del Soccorso a Lenno (Como), venti posti, che oggi svolge funzioni clinico-terapeutiche e socio-riabilitative in situazioni per le quali non è utile un ricovero ospedaliero. E infine nel 1957 realizzò la Fondazione Adele Bonolis-Assistenza fraterna a Casa San Paolo di Vedano al Lambro (Monza/Brianza), acquisita con l’aiuto di un amico speciale, il cardinale Montini, futuro Papa Paolo VI. «Chi si dedica agli altri come ha fatto la prozia Adele direi che è comunque un santo », ha fatto giustamente presente suo pronipote Paolo. «I miei ricordi diretti risalgono all’infanzia quando, tra i 7 e i 12 anni, andavo ospite in estate in una delle sue case, la Casa di orientamento femminile di Montano Lucino, sul lago di Como.

La ricordo sorridente e disponibile, gentile e mai banale. Intorno a lei, le signore che vivevano lì, arrivate dalla strada, giovanissime e con figli piccoli che diventavano i miei compagni di giochi», ricorda il presentatore. E ancora: «Nella mia famiglia sentivo spesso citare zia Adele per il suo spessore culturale: ero stupito da quanta benevolenza accompagnasse una persona con la vastità della sua conoscenza. È stata un esempio per me».

La vicenda umana e caritatevole di Adele Bonolis è diventata il soggetto del docufilm La centesima strada: viaggio alla scoperta delle case di Adele Bonolis, fatto realizzare dalla Fondazione Adele Bonolis (fondazioneadelebonolis. it) e diretto da Paolo Lipari («Un’esperienza forte e coinvolgente», ha confessato il regista). C’è una testimonianza che potrebbe rivelarsi importante in un futuro processo di beatificazione di Adele. Insegnava religione al liceo Berchet di Milano, i suoi allievi di allora svelano nel film che un giorno confidò loro: «Ho visto un ragazzo che voleva buttarsi da un palazzo. Ho pregato il suo angelo custode di aiutarlo e lui lo ha salvato da quel gesto».

Il prodigio può essere dovuto alla supplica di Adele? Alla presentazione del docu-film, il 25 febbraio, era presente anche l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, che ha detto: «Il decreto del Papa è un passo importante verso la beatificazione di Adele Bonolis. Ma ciò che fin da ora merita d’essere riconosciuto è quanto la sua intelligente premura ha saputo avviare, prendendosi cura di tante ragazze incappate in pesanti forme di disagio sociale. Seppe vedere al di là del suo tempo, impreparata come era la sua epoca a confrontarsi con temi tanto spinosi quali quelli di cui lei si occupò. E questo suo gesto abiterà in eterno nel cuore di Dio».

Adele alle ragazze che vedeva vendersi sulla strada era solita consegnare il suo biglietto da visita. Molto particolare. Non riportava con enfasi il suo nome o la sua professione, ma il lasciapassare per una esistenza migliore: “Quando volete, se siete stanche di questa vostra vita, telefonate qua”, c’era scritto. Un esempio gigantesco per tutti noi. Ricorda Paolo: «Mi dicevo, ma guarda quanto la stimano. Nel modo in cui cerco di crescere i miei figli c’è lo zampino di Adele». E c’è di più. La zia che un giorno diventerà santa ha già una discendente di 12 anni: Paolo Bonolis, infatti, ha chiamato proprio Adele la figlia più piccola.



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