Laura Freddi e il compagno Leonardo D’Amico presto diventeranno marito e moglie



Ci sono donne che al giro di boa dei 50 anni arrivano con il passo felpato, quasi in sordina, con lo sguardo stranito di chi farebbe volentieri uno sconto al totale delle primavere tonde. Laura Freddi, invece, si è avvicinata al 19 maggio con l’esuberanza di una teenager e la saggezza di una donna che ammette: «Per me i 50 anni rappresentano una rinascita, fatta di slancio ed entusiasmo verso ciò che sarà.



È il traguardo cui ambivo da quando ero bambina e non vedevo l’ora di crescere. Mi piace guardarmi indietro, scorrere i capitoli della mia vita, capire che la donna che sono è la somma delle esperienze accumulate, della consapevolezza maturata.

Ed è proprio forte di tutto ciò che guardo al futuro con la voglia di sognare e una profonda gratitudine verso quello che la vita che mi ha dato». È ciò che immaginavi? «È più di quando immaginassi.

Ho una famiglia solida, un lavoro vario che amo, un uomo al mio fianco con il quale fare progetti. E, soprattutto, quando pensavo fosse tardi, la vita ha esaudito il mio desiderio più grande: diventare mamma».

Avevi 45 anni e mezzo quando è nata Ginevra. Come ti ha cambiato l’arrivo della bambina? «Solo dopo aver avuto mia figlia mi sono sentita donna, prima avevo ancora la leggerezza, l’impulsività e la spensieratezza di una ragazza.

Ginevra mi ha cambiato nella visione del mondo, che oggi mi appare più colorato, più vivace. Mi ha infuso energia, forza, mi ha resa più sensibile, più riflessiva, ma mi ha anche fatto scoprire mille piccole e grandi paure che prima non contemplavo.

Io e Leonardo, il mio compagno, siamo pazzi di lei». Siete legati da dieci anni e siete genitori. Pensate mai alle nozze? «Ci pensiamo, ne parliamo e accadrà. A dire il vero saremmo già dovuti essere marito e moglie, ma la pandemia ha stoppato le nostre migliori intenzioni.

Ci piacerebbe sposarci in chiesa, in un clima sereno, con la bimba che ci porta le fedi, e poi organizzare una grande festa con parenti e amici. Ginevra ci tiene molto, spesso chiede al padre: “Ma tu ti sposi con mamma, vero?”.

Ci ha sentiti parlare dell’argomento, ma vedendo che nulla per ora si è concretizzato, si informa». Per te sarebbero le seconde nozze dopo quelle con Claudio Casavecchia: come le immagini? «Diverse dalle prime, che sono state celebrate con rito civile e sono state sontuose, quasi principesche.

La fine di quel legame per me è stato un fallimento, ma ho capito che nella vita tutto serve a crescere, a maturare, a conoscere se stessi nel profondo. Con Leonardo mi piacerebbe fossero nozze più intime, genuine, per sempre. Credo nella famiglia, nel progetto comune, nello starsi accanto soprattutto nei momenti più complicati. L’impegno è un ingrediente fondamentale nei rapporti di coppia. Senza questa volontà non si va da nessuna parte».

Del tuo compagno, Leonardo D’Amico, si sa pochissimo. Che tipo è? «È un uomo solido, forte, discreto che non ama apparire ed è più introverso di me che sono incontenibile, una peperina. È un fisioterapista, molto conosciuto nell’ambito sportivo, della pallavolo e del beach volley, disciplina che amo e che ci ha fatto incontrare. Abbiamo iniziato a frequentarci come amici, tra noi non è stato il classico colpo di fulmine.

Ci siamo conosciuti pian piano, scoprendo molti punti in comune, primo su tutti il desiderio di diventare genitori, seppure non fossimo più giovincelli». Desiderio esaudito. «Quando abbiamo scoperto che, in modo naturale, senza accanimento, una nuova vita stava crescendo tra di noi, ci  siamo sentiti più uniti che mai. Io ho pregato tanto per avere un figlio, ho lottato, mi sono sottoposta a un intervento chirurgico per curare una lieve endometriosi.

Capisci perché oggi questa piccolina è al centro di tutto?». Che mamma sei? «Chioccia, apprensiva, accudente, ansiosetta. Super paziente, ma questo lo sono sempre stata: da piccola volevo fare l’insegnante di scuola elementare per poter stare tutto il giorno in mezzo ai bambini».

E invece hai fatto Tv… «E non solo. Televisione, teatro, radio, che amo tantissimo. In Laura Airlines, andato in onda su Radio Italia Anni 60, con il mio amico e autore Stefano Mungari, abbiamo realizzato un programma nel quale ospitavo metaforicamente nella prima classe del mio aereo personaggi famosi, facevo loro un’intervista, ma soprattutto li invitavo a sognare con me, a raccontare i desideri ancora da realizzare, a tirare fuori aspetti inediti».

Ora cosa stai facendo? «Ho testato e firmato una linea di creme di alta qualità. Tra poco usciranno anche i trucchi. Poi sto lavorando a un progetto che fa leva sul rispetto per gli animali e per la natura, si chiama Il grande cucciolo, come il libro che ci ha dato l’idea». Laura, se ti guardi allo specchio che donna vedi? «Mi guardo distrattamente, non sono vanitosa. Anche se trovo sempre mille difetti, mi piaccio e questo aiuta l’autostima.

Non mi sono mai vista bellissima, non mi sono mai soffermata troppo sull’aspetto esteriore. Ho sempre cercato di andare oltre, di cercare dentro di me e coltivare la bellezza interiore». Quella esteriore ti ha aiutata? «Sì. È la carta iniziale che estrai quando inizia il gioco, ma poi devi dimostrare il resto. Che vali, che hai una testa, che sei bionda, sei alta, ma sei anche intelligente e hai valori che ti derivano dalla tua famiglia.

Fatichi il doppio perché la gente spesso si ferma solo a ciò che vede, a ciò che appare, ai pregiudizi che, pian piano, impari a mettere a tacere». Come si fa? «Impegnandosi al massimo. Comportandosi con rispetto, verso se stessi e verso chi hai accanto.

Facendo scelte di vita che magari sono anche rinunce, ma che ti fanno stare bene. Solo così si può affermare: non ho rimpianti, sono felice». Facciamo un bilancio dei 50 anni: prova a trovare qualche aggettivo per descrivere la tua vita? «Piena. Fortunata. Con tanti alti, qualche basso e qualche dolore, che mi hanno fatta soffrire, ma anche crescere, insegnandomi a rialzarmi, a guardare al futuro con più forza, a riconoscere e ad apprezzare la felicità quando arriva. Lo sto insegnando anche a Ginevra».



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