Testimone dell’omicidio di Giulia: Una telefonata che avrebbe potuto cambiare tutto



Nella notte del 11 novembre, una telefonata avrebbe potuto fare la differenza tra la vita e la morte di Giulia Cecchettin, vittima di un terribile omicidio. A parlare è Marco, il testimone dell’omicidio di Giulia, un uomo che ha chiamato i carabinieri quella tragica notte, dopo aver udito le urla disperate di una voce femminile. La sua testimonianza, purtroppo, è rimasta inascoltata finché non era già troppo tardi.



La Notte Fatidica

Era circa l’orario delle 23:15 quando Marco sentì le grida strazianti provenire dalla strada. Quelle urla, come avrebbe successivamente ricostruito la polizia, appartenevano a Giulia Cecchettin, che stava cercando disperatamente di difendersi da un attacco. Le prime indagini suggeriscono che l’aggressore fosse il suo ex fidanzato, Filippo Turetta. Il luogo dell’aggressione era il parcheggio di via Aldo Moro, a Vigonovo, in provincia di Venezia, a soli 150 metri dalla sua casa.

Le Parole di Marco

“Sono distrutto, ho sentito gridare e ho chiamato il 112,” dice Marco. “Non voglio dire altro, ho detto quello che dovevo ai carabinieri.” La sua testimonianza è fondamentale ed è stata citata nel provvedimento del giudice che ha ricostruito l’accaduto. Nel parcheggio, Giulia urlava: “Mi fai male.” Successivamente, i carabinieri hanno rinvenuto numerose tracce ematiche e un coltello da cucina lungo 21 centimetri.

La Sequenza di Eventi

Proprio in questo parcheggio Giulia viene accoltellata e trattenuta contro la sua volontà da Turetta, che affronta anche un’accusa di sequestro di persona. Secondo il giudice, da questa prima aggressione si passa a una seconda nella zona industriale di Fossò. Si ritiene “ragionevole” che Giulia sia stata privata della sua libertà di movimento in auto da Turetta, dato che aveva gridato aiuto ed era “assolutamente inverosimile” che avrebbe continuato il viaggio volontariamente.

Il Video Cruciale

La svolta arriva con un video sorprendente, catturato dal sistema di sorveglianza di una fabbrica a Fossò, a pochi minuti di distanza dal parcheggio di via Aldo Moro. Le immagini mostrano la piccola figura di Giulia mentre cerca di fuggire dal suo aggressore. Viene raggiunta, scaraventata a terra e brutalmente aggredita, anche con calci. Tra Giulia e Filippo emerge una chiara disparità di forza. La giovane viene spinta con violenza, cade a terra vicino al marciapiede e, dopo poco tempo, smette di muoversi.

La Fuga e il Macabro Epilogo

A questo punto, Turetta prende il corpo inerte di Giulia, lo carica in auto e inizia la sua fuga fino alla zona di Piancavallo, in provincia di Pordenone. Qui, non lontano dalla strada Pian delle More, il giovane si sbarazza del corpo di Giulia. Le prime indagini rivelano una scena agghiacciante: “plurimi colpi” inferti con un coltello alla testa e al volto di Giulia, insieme a un “tentativo di difesa”. Successivamente, una frattura cranica causata dall’impatto con l’asfalto, escoriazioni alle braccia e alle ginocchia, probabilmente provocate quando è stata trascinata e gettata nel bagagliaio, per poi essere abbandonata a oltre cento chilometri da casa.



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