Alessia Pifferi, condizioni carcerarie difficili: subisce attacchi dalle altre prigioniere e grida notturne. «Mostro e assassina. Devi morire»



Alessia Pifferi, 38 anni, continuerà a scontare la sua pena nel carcere di San Vittore a Milano, nonostante la condanna all’ergastolo ricevuta in primo grado e mentre attende il terzo grado di giudizio. Nel luglio 2022, Pifferi fu accusata di aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, di meno di un anno e mezzo. I giudici hanno confermato che Pifferi era “capace di intendere e di volere”, escludendo così il suo trasferimento all’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere. Quest’ultimo è un istituto specializzato dove alcune detenute, che hanno commesso crimini simili, seguono un percorso di recupero.



Il Processo

Durante l’ultima udienza di aprile, Pifferi ha descritto la sua esperienza detentiva come “umiliante e delicata”. Ha lamentato le condizioni restrittive del carcere, affermando di sentirsi in crisi a causa della mancanza di attività, come corsi di formazione, che potrebbero aiutarla a gestire lo stress e la depressione.

Gli Incidenti

Pifferi ha anche rivelato di essere stata vittima di aggressioni da parte delle altre detenute, eventi che l’hanno portata a essere collocata in isolamento protettivo. Ha raccontato di come, durante la notte, sentisse urla di condanna provenire dalle altre celle, con detenute che la chiamavano “mostro” e “assassina”.

Nonostante le aggressioni riportate in due occasioni, una nel settembre 2022 e l’altra nell’aprile 2023, non ci sono state recenti segnalazioni di ulteriori episodi violenti nei suoi confronti. È stato riferito che Pifferi avrebbe tentato di inserirsi in attività carcerarie, come il lavoro nella cappella, ma con scarsi risultati.

La Sentenza e le Dichiarazioni

Dopo l’udienza, Pifferi ha dichiarato di non aver “mai premeditato” l’omicidio della figlia, una dichiarazione che ha attirato l’attenzione dei media, sottolineando una possibile strategia difensiva mirata a influenzare l’opinione pubblica. Il pubblico ministero di Milano ha interpretato queste dichiarazioni come parte di una strategia per posizionarsi come una sorta di “diva” nell’occhio del pubblico.

In conclusione, Alessia Pifferi rimarrà a San Vittore, trattata come ogni altra detenuta, mentre il dibattito legale e la copertura mediatica continuano. Le implicazioni di questo caso rimangono oggetto di attenzione, sia per quanto riguarda le condizioni di detenzione che per la natura del crimine commesso.



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