«Per entrambe le parti, non si tratta di tifoseria. Io sono tifoso solamente per sostenere la pace, la tregua. È l’unica cosa che sono in grado di sostenere con il mio modo di intendere la vita. Non ho nulla di intelligente da dire su quello che sta succedendo. E poiché non ho nulla di intelligente da dire, non dico nulla.» (VIDEO)
Ascoltate cosa ha da dire Jovanotti: «Da entrambe le parti, non si tratta di tifoseria». Lui è per la pace, ma non denuncia nulla. Fa un discorso incomprensibile in cui l’unica cosa sensata è quando dice che non ha nulla di intelligente da dire.
Non ce la fa a dire genocidio. pic.twitter.com/nHcqQcBrde
— Bettybus (@EBustreo) 27 luglio 2025
Questo il discorso dell’audace Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti o Jova per gli amici. Sembrava quello delle candidate a Miss Italia: «Vogliamo la pace nel mondo»…
Dal palco del No Borders Music Festival, Jova l’equilibrista ha affermato di «non avere nulla di intelligente da dire» su quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza.
Evidentemente quel «Il mio nome è Mai Più» che cantava circa 25 anni fa era solo una frase per vendere dischi.
Eppure tutti lo acclamano come saggio, illuminato, alcuni lo definiscono addirittura guru. Invitato dal Papa, alla prima serata del Festival di Sanremo, da Alberto Angela e dalla Fagnani.
Si vedono persone che corrono nei camerini ad abbracciarlo tutto sudato, a stringergli la mano in attesa del miracolo, trepidanti per il selfie di rito da pubblicare sui social per dire: «Io c’ero! Egli mi ha sorriso». Perché il Jova, a detta di molti, sì che «ti insegna ad affrontare la vita».
Il sommo poeta Dante, probabilmente avrebbe inserito di diritto il Jova nel girone degli ignavi, perché da un «immenso» come lui non ci si aspetterebbe un discorso così evasivo.
Come giustamente osserva Iacopo Melio, non è più sufficiente parlare di pace “da entrambe le parti” e “senza tifoserie”. È necessario affermare con fermezza e senza remore che da oltre mezzo secolo lo Stato di Israele sta attuando un vero e proprio genocidio del popolo palestinese.
Questa è onestà intellettuale. È fondamentale chiamare le cose con il loro nome, e chiunque in questa situazione non voglia prendere una posizione netta è complice.
Forse, caro Jovanotti, sarebbe opportuno rileggere più volte il testo e riproporre “Il mio nome è Mai Più” dai suoi palchi, con vera convinzione.
Non si tratta di “tifoserie”, ma di scegliere da che parte stare: dalla parte dell’umanità o da quella di chi uccide ogni giorno bambini, donne e uomini inermi.
E sì, è necessario avere il coraggio, o forse solo il buon senso, di definire da quel palco questa situazione con il suo nome: genocidio.
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