Franco Gabrielli chi è? Moglie, figli, carriera, Costa Concordia



Chi è la moglie di Franco Gabrielli?

Archiviato il primo matrimonio, Franco Gabrielli ha sposato Immacolata Postiglione, detta Titti. La donna è diventata sua moglie nel 2017, con una cerimonia riservata che si è tenuta a Castiglione d’Orcia, splendida cornice in provincia di Siena.



Era una fredda sera di fine inverno del 2021. Avevo appena finito di registrare una lunga intervista con un uomo che in un remoto passato aveva commesso alcune stragi e stavo lasciando casa sua, quando mi squillò il telefono. Era Mario Calabresi, il mio direttore a Chora Media. Erano le 22.

Ho subito pensato che fosse successo qualcosa. «Perché non facciamo un podcast sulla tragedia della Costa Concordia?», mi ha chiesto. «A gennaio 2022 ci sarà il decennale». Ho subito risposto di sì, senza esitazioni.

Come tanti di noi, non ricordavo molto della vicenda, a parte quella celebre telefonata pubblicata sui siti Internet di tutto il mondo, in cui il comandante della Capitaneria di porto di Livorno, Gregorio de Falco, intimava al comandante della Concordia, Francesco Schettino, di tornare a bordo della nave che aveva appena abbandonato con centinaia di persone ancora intrappolate sui suoi ponti. Ma poi, appena ho cercato informazioni in Rete, mi è subito sembrato di sentirmi addosso l’enorme peso di quell’enorme città galleggiante affondata.

La notte tra il 13 e il 14 gennaio del 2012, quando è naufragata davanti alle coste dell’isola del Giglio, a bordo c’erano oltre quattromila passeggeri. Quali storie avrei dovuto scegliere, in quella giungla infinita di nomi e di nazionalità? Ci sarebbero voluti mesi. Anche perché, a differenza di molti altri avvenimenti, che spesso hanno luogo in un’area geografica circoscritta, qui i protagonisti di quella vicenda vivevano sparpagliati in tutta Italia e in tutto il mondo.

Bisognava trovare un metodo. Poi, in un fascicolo all’interno della documentazione processuale, con i miei collaboratori abbiamo trovato la lista dei superstiti che quella notte avevano riportato e denunciato i danni e i traumi peggiori. La nostra ricerca è partita da lì. Visto che in vacanza sulle navi da crociera ci vanno spesso interi nuclei familiari, volevamo trovarne alcuni che diventassero per noi le voci più rappresentative di questo grande racconto.

E così, nel corso di un’attenta ricerca e di un lungo peregrinare con zaino e microfono, ho conosciuto e incontrato la famiglia Brolli di Misano Adriatico, la famiglia Folco di Savona, e poi i Masìa della provincia di Carbonia, e i Vincenzi della provincia di Siracusa. E poi mi sono imbattuto nella storia di Safaa, una parrucchiera di Perugia salita a bordo per partecipare a un talent, e di Mara Parmegiani, un’esperta di moda che su quella nave aveva portato e perso tutta la sua preziosissima collezione di abiti. Ma non solo.

Tra le 4.229 persone a bordo c’erano anche un migliaio di membri dell’equipaggio provenienti da tutto il mondo. Alcuni di loro – come il primo ufficiale Giovanni Iaccarino, l’hotel director Manrico Giampedroni, il direttore dei servizi Lorenzo Barabba e molti indiani, filippini e sudamericani – si erano prodigati fino all’ultimo per portare in salvo più persone possibili.

E infine c’erano loro, gli abitanti del Giglio, gli splendidi isolani svegliati in un’anonima serata invernale dall’invasione di una Babilonia di naufraghi: donne, uomini e bambini atterriti, infreddoliti, pieni di ansia per parenti e amici rimasti a combattere tra la vita e la morte sulle scivolose paratie esterne di un relitto che nel frattempo stava ruotando di 80 gradi sul proprio asse orizzontale, trasformandosi in un folle quadro di Escher (artista olandese noto per le sue incisioni di architetture impossibili) dove i corridoi diventavano pozzi e crepacci, e dove cabine e saloni vengono riempiti dall’acqua del mare, che risucchia cose e persone.

Tutto questo nel corso di una notte tragica in cui oltre alle bugie, alle omissioni, all’abbandono prematuro della nave da parte della catena di comando e alle calche isteriche che non hanno dato precedenza ad anziani, bambini e madri, c’era una costellazione di tante piccole storie di coraggio, altruismo e umanità che pochi di noi conoscevamo o ricordavamo. Così come non ricordavamo i nomi e le identità delle 32 vittime che solo il caso, il vento e le correnti tirreniche che hanno spinto la nave contro gli scogli del Giglio hanno evitato fossero molte di più.

Ricomporre questa storia – da cui è nato Il dito di Dio, un podcast per la piattaforma Spotify, e un libro, Romanzo di un Naufragio: Costa Concordia, una storia vera, edito da Einaudi – ha richiesto un lavoro immane di mappatura della nave, degli orari e delle tempistiche delle dinamiche a bordo, attraverso atti processuali, audio della scatola nera, delle comunicazioni radio, delle telefonate ai carabinieri e delle testimonianze dirette di oltre 40 persone.

L’obiettivo era quella di ricreare, per ascoltatori e lettori, un’esperienza immersiva che consentisse loro di “entrare” in quella nave e di sentire la paura che avevano provato i suoi sfortunati viaggiatori. Un piccolo, grande viaggio attraverso il vasto campionario dei comportamenti umani, e tra gli intrecci e i legami nati in quelle poche, drammatiche ore che – per oltre quattromila persone e per gli abitanti del Giglio – hanno segnato la linea di demarcazione tra il prima e il dopo. Un viaggio lungo la profonda cicatrice collettiva che a dieci di distanza, per molti di loro, non si è ancora del tutto rimarginata.



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