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Gaza, una neonata muore per il gelo la notte di Natale. Operazione israeliana uccide 10 persone, tra cui 5 cronisti



Una neonata di tre settimane è morta per ipotermia nella Striscia di Gaza, aggravando il bilancio di una crisi umanitaria senza precedenti nei campi profughi.



A soli 21 giorni dalla nascita, una neonata è morta a causa del freddo intenso che ha colpito la Striscia di Gaza durante la notte di Natale. La piccola si trovava con la famiglia in una tendopoli vicino a Khan Younis, dove vivono centinaia di profughi in condizioni estremamente precarie.

Il padre, Mahmoud al-Faseeh, ha raccontato all’Associated Press il drammatico momento in cui ha trovato la figlia immobile, con il volto livido e le labbra viola. Avvolgendola in una coperta, ha cercato disperatamente di portarla in un ospedale da campo, ma i medici non sono riusciti a salvarla. La causa della morte è stata attribuita all’ipotermia, una condizione peggiorata dal deterioramento dei polmoni della neonata.

Secondo il dottor Ahmed al-Farra, direttore del reparto pediatrico dell’ospedale Nasser di Khan Younis, altri due neonati hanno perso la vita nelle ultime 48 ore a causa del freddo. Uno aveva solo tre giorni e l’altro un mese. Entrambi sono stati trovati in condizioni simili e trasportati in ospedale quando ormai era troppo tardi.

Le tendopoli della Striscia di Gaza ospitano migliaia di sfollati, costretti a vivere senza riscaldamento adeguato, elettricità regolare o accesso sufficiente a cure mediche. Le rigide temperature notturne stanno aggravando una crisi umanitaria già estrema, rendendo ancora più vulnerabili i bambini e i neonati.

La situazione dei campi è peggiorata in seguito ai recenti raid militari e agli attacchi aerei che hanno devastato ampie aree della Striscia, lasciando migliaia di persone senza casa. Le famiglie si trovano a vivere in tende o rifugi di fortuna, dove mancano le basi per la sopravvivenza quotidiana.

Oltre alla crisi umanitaria nei campi, le operazioni militari in corso continuano a mietere vittime. Nella notte del 25 dicembre, un raid israeliano ha provocato la morte di almeno 10 persone, tra cui cinque giornalisti che lavoravano per l’emittente palestinese Al-Quds Today. Il veicolo in cui si trovavano è stato colpito da un missile lanciato da un aereo israeliano mentre era parcheggiato di fronte all’ospedale Al-Awda.

L’emittente ha reso omaggio ai giornalisti uccisi, descrivendoli come “martiri del giornalismo e dell’umanità”: Faisal Abu Al-Qumsan, Ayman Al-Jadi, Ibrahim Al-Sheikh Khalil, Fadi Hassouna e Mohammed Al-Lada’a. Secondo testimoni oculari, il veicolo è stato colpito direttamente durante un attacco che ha scatenato panico tra i civili presenti nelle vicinanze.

L’esercito israeliano ha dichiarato che il raid aveva come obiettivo membri di Hamas, accusati di pianificare un attacco imminente con droni contro le truppe israeliane. Secondo quanto riferito dalle forze di difesa israeliane, prima dell’attacco sono state adottate misure per ridurre al minimo i danni ai civili. Tuttavia, l’uccisione dei giornalisti e delle altre vittime ha suscitato indignazione sia a livello locale che internazionale.

La morte della neonata e degli altri due bambini mette in evidenza la gravità della situazione nella Striscia di Gaza. Mentre i raid militari continuano a causare vittime e distruzioni, la popolazione civile si trova a fronteggiare condizioni insostenibili, senza accesso a risorse essenziali come riscaldamento, acqua potabile e assistenza sanitaria adeguata.

Le organizzazioni umanitarie hanno lanciato appelli urgenti per fornire aiuti alle famiglie che vivono nei campi profughi, con l’obiettivo di prevenire ulteriori tragedie. Tuttavia, la necessità di una soluzione politica e diplomatica per fermare la violenza e garantire i diritti fondamentali della popolazione rimane al centro del dibattito internazionale.



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